lunedì 25 ottobre 2010

Rabbia


La rabbia è senz’altro una delle emozioni più antiche e primitive dell’uomo. Presente in pressoché tutti gli animali, si manifesta quando qualcuno o qualcosa verso cui non si prova alcun tipo di paura si contrappone al proprio bisogno. A quel punto scatta un meccanismo di aggressione motivato a farti ottenere il tuo bisogno a tutti i costi. In alcuni casi, si sfoga semplicemente nel proprio stomaco o in un’ira immotivata verso il resto del mondo, anche verso coloro che nulla c’entrano con i propri problemi. A seconda che si abbia ottenuto il proprio obiettivo o meno, la rabbia si conclude in sentimenti che possono variare dalla soddisfazione all’insoddisfazione e, in molti casi, vergogna per aver perso il controllo.

Erano mesi che le fissavo. Quelle sbarre, quelle dannate sbarre. Fredde, immobili, con un solo scopo: tenermi ingabbiato. È colpa tua, mi avevano detto. Sei stato stupido a farti beccare con le mani nel sacco in quel modo. La rapina alla gioielleria era andata male, questo era vero, ma allora perché ero l’unico dei miei complici a trovarmi rinchiuso?
Quelle sbarre, quelle fottute sbarre. Avranno visto un sacco di altra gente prima di me. Eppure rimangono sempre lì, e si oppongono alla mia libertà. E allora vaffanculo! Prima o poi avrò la forza di strapparle, di piegarle sotto la mia forza e andarmene finalmente libero. Cazzo, ma cosa vado a pensare? Cazzo, è più probabile che arrivi la fine del mondo che succeda una cosa del genere. Due metri per tre di cella, mura e delle sbarre. Vi distruggerò, vi limerò, farò di tutto per andarmene.
Non potrete tenermi qui per sempre.

[Esercizio della settimana: descrivi un sentimento in modo analitico, poi descrivi un oggetto "sterile" con sentimento]

giovedì 21 ottobre 2010

Un ragazzo alla stazione legge un libro e tira un forte vento



Il ragazzo dai capelli rossi era scappato di casa. Viveva in una fattoria, ma non desiderava quella vita, non desiderava lavorare nei campi con gli animali sporchi di terra senza dare altro significato che a quello. Voleva vedere, viaggiare e scoprire. Con sé, oltre qualche abito, aveva i suoi libri preferiti.
Attendeva con pazienza alla stazione dei pullman, su una vecchia panchina nel cortile esterno. Stava leggendo per l’ennesima volta La Storia Infinita, mentre il vento ne scompigliava le pagine e mandava avanti troppo in fretta la trama che già conosceva. Tutto ciò gli ricordava la sua vita: rapida e priva di mordente proprio come il vento. Il pullman in ritardo era la sua unica salvezza. Che ironia, viaggiare nella vita con tanta rapidità e ora dover attendere per un ritardo. Quel pullman però non arrivava più e lui aveva letto i suoi libri già decine di volte. Le scelte erano tornare indietro oppure continuare ad aspettare.
E lui aspetta, fino a che il vento non spazza via la polvere di ciò che rimane di lui.

lunedì 18 ottobre 2010

Scrittori & Lettori

Per una sera vediamo di fare un po' di chiarezza su come la penso.
Scrittori e lettori. Due categorie all'apparenza distinte, ma che in parte possono essere accomunate. Uno può essere un lettore e basta, ma uno scrittore deve essere per forza anche un lettore. Non può esistere altrimenti, è una cosa simbiotica. Se uno non legge, come è possibile pretendere che scriva?
Eppure internet sta facendo questo e altro per far "sviluppare" la vena scrittoria degli ignoranti. Su internet è pieno di blog di gente che scrive poesie, racconti, pensieri e, in generale, stupidaggini. Io sono uno di questi. Ma in effetti, quanta di questa gente è veramente disposta anche a leggere la sequela di stupidaggini degli altri? A me sembra che sempre più spesso tutti si improvvisino super scrittori, riempiano il proprio blog di stronzate per farsi belli e dimostrarsi superiori, ma non si interessanno al medesimo lavoro degli altri.
E allora lasciatemi dire una cosa: se sei uno scrittore sei anche un lettore, altrimenti sei solamente un coglione. Io le leggo le creazioni degli altri. Mi interesso di cosa scrivono, pensano e vogliono comunicare, se sono disposti a condividerlo con il resto del mondo. Sono disposto a commentare, fare battute, dare critiche costruttive, insultare o elogiare. Ma io leggo. E poi scrivo. Non il contrario.
O forse siamo arrivati al punto di volere ognuno per sé una piazza deserta con al centro una riproduzione in marmo di sé stessi?

domenica 17 ottobre 2010

Kebab Tonight


Evento: Sono andato ad un kebabbaro in centro, mi sono fatto fare un kebab con tutto (tranne l’insalata rossa) da portare via, l’ho pagato e me lo sono mangiato. Ma non mi ero accorto che il kebabbaro aveva messo dentro anche le patatine fritte. Poco male, va bene lo stesso.

Lo stesso evento, vissuto da: Jules Winnfield (Samuel L. Jackson nel film Pulp Fiction).
Come ti stavo dicendo, ero appena uscito da quel cazzo di bar. Era notte fonda e avevo una fame fottuta. Avevo fumato troppo, bevuto troppo e il mio stomaco si stava lamentando di tutta la merda liquida che gli avevo fatto ingerire. Era troppo tardi per trovare qualche posto aperto, così mi metto a girovagare cominciando a pensare che avrei dovuto tornarmene a casa a stomaco vuoto e riscaldarmi gli avanzi del pranzo del giorno prima. Poi la vedo, in fondo alla strada, un’insegna luminosa ancora accesa. Doner kebab, uno di quei posti più sporchi della cucina di un Burger King che si trovano abbastanza spesso in Italia. Qui in America non ce li abbiamo, lì in Italia sì. Ma in Italia la gente è abbastanza strana, sono di quelli con il sistema metrico decimale, e vanno avanti a bere cappuccino e a mangiare spaghetti tutto il giorno. Lo sai che ci mettono sugli spaghetti? La salsa di pomodoro. Non il ketchup, ma la salsa di pomodoro! Assurdo vero? Comunque, come ti stavo dicendo, entro in questo postribolo grosso come lo sgabuzzino di casa mia e un turco mi accoglie con fare sorridente. Mi chiede cosa voglio, e io gli dico che voglio un panino. Allora inizia a farmelo. C’era odore di salsa piccante che si infilava dentro i vestiti, il rotolo di carne ruotava e sfrigolava sulla griglia. Aspetto in silenzio il mio succulento panino. Lo sapevi poi che quel kebab non è assolutamente roba turca? Lo fanno in Germania, ed è solo una trovata commerciale per far lavorare i turchi nel resto dell’Europa. Se vai in Turchia e chiedi un kebab così, prima ti ridono in faccia e puntano una pistola addosso e ti rapinano lasciandoti in mutande.
Comunque, il kebabbaro mi scalda un pezzo di pane arabo, lo taglia e lo riempie di carne. Poi si avvicina e mi chiede cosa ci voglio dentro. Gli indico un paio di salse piccanti, cetrioli, pomodori e cipolle. Insalata verde, ma gli dico di non mettere quella rossa. Vedo che con la sua pinza metallica si avvicina al cestello dell’insalata rossa, ne afferra una presa e la infila nel panino. Io lo guardo contrariato, quel tipo non aveva capito un cazzo, e gli dico di nuovo che non volevo l’insalata rossa. Lui scuote la testa, fa finta di non capire e continua a mettermi insalata rossa in quel cazzo di panino! Allora io gli dico “senti, togli subito quell’insalata rossa oppure non sarà l’unica cosa che finirà dentro quel cazzo di panino”. Lui fa finta di niente e continua a chiedermi se voglio altra salsa piccante. A quel punto mi girano veramente i coglioni e tiro fuori il ferro. Glielo punto dritto negli occhi, lui mi guarda terrorizzato, non si era mai trovato una pistola puntata in faccia, si stava cagando nelle mutande cazzo! L’insalata ormai si era impastata ben bene con il resto dei condimenti ed era impossibile toglierla. E allora gli dico “mi prendi per il culo? Rifammi quel cazzo di panino senza insalata rossa oppure ti giuro che presto vedremo chi è il più negro dei due qui dentro!”. Lui a quel punto sembra capire, lascia cadere il panino per terra e tremando tutto incomincia a farmene un altro. Quando mi chiede cosa ci voglio dentro gli indico gli ingredienti e le salse e lui questa volta non sbaglia. Tutto tremante mi da il sacchetto con il panino, io prendo una coca dal frigo e gli chiedo quanto fa. Lui mi dice niente, ma io insisto e gli chiedo di nuovo quanto fa. Mi dice cinque euro. Li tiro fuori dal portafoglio, glieli appoggio sul bancone di vetro e mi allontano.
Per la strada tiro fuori il mio kebab dal sacchetto e inizio a gustarmelo. Cazzo, era davvero buono. Mangio e mangio e sai cosa ci trovo? Patatine fritte! Quello stronzo mi aveva messo dentro delle patatine fritte senza che glielo chiedessi! Questo mi ha fatto capire che se uno è un coglione non gli basta avere una pistola puntata in faccia per rinsavire, rimarrà un coglione comunque. Ma non avevo più voglia di tornare indietro. Quelle patatine tutto sommato stavano bene nell’insieme. E posso dirti una cosa: era davvero buono quel panino!

[Ecco il secondo degli esercizi del laboratorio di scrittura creativa: descrivi in poche righe un evento qualsiasi che hai vissuto durante la settimana e poi riscrivilo come se al tuo posto ci fosse un personaggio qualsiasi. Jules Winnfield può questo e altro ;)]

sabato 9 ottobre 2010

Lifeless


Fisso il foglio ancora bianco.
Quale delle seguenti sostanze è più energetica per un grammo di peso?
I miei compagni sono chini sui loro fogli. Intenti a crocettare con fare meccanico le loro risposte al test di chimica. Alcuni alzano lo sguardo come per supplicare una risposta dai secchioni della classe.
A) Proteina.
La signora Debtheas osserva la classe dall’alto della cattedra, lanciando occhiate arcigne verso tutti. Ci sorveglia come un secondino. Di quelli pronti a saltare addosso ai detenuti con l’intento di picchiarli e sfogare la loro ira repressa. Sanno che sono solo degli sporchi detenuti, e non saranno puniti per questo.
B) Lipide.
L’unica cosa che riesco a fare in questo momento è sbatacchiare la mia penna sul bordo del tavolo, producendo un suono noioso, irritante. Jeanie, che si trova a meno di un metro da me, mi lancia un’occhiata infastidita. Lei è una di quelle che ha studiato.
C) Zucchero.
Fottuta chimica. A vedere tutti i suoi atomi, le sue molecole, la sua tavola periodica, mi intristisco. Mi fanno rendere conto che questo mondo è dannatamente materiale. Solido. Reale. Sintetico. Non c’è posto per magia, fantasia, immaginazione. È un fottuto mondo sterile, privo di vita. Un po’ come la superficie di Marte. Là solo i sassi possono vivere bene. Forse loro sarebbero bravi in chimica.
D) Acqua.
Che cosa ci faccio qui? Ho davanti solo fogli bianchi, biro, camici, microscopi. Barattoli e ampolle contenenti sostanze colorate ma inerti. Mi manca il palco. Mi manca il teatro. Mi manca essere un giorno una principessa, un giorno il giullare del re, un altro giorno una ballerina su un lago di cigni.
Mi manca la musica. La musica non ha atomi e molecole. La musica c’è e basta. È viva, altro che questa roba senza vita.
Senza vita.
E) Alcol etilico.
Mancano cinque minuti alla fine del test. Il mio voto sarà uno zero. Non me ne frega assolutamente niente.
A casa me lo diranno. “Dominique, stupida ragazza, quando pensi di mettere la testa a posto e iniziare a vivere in questo mondo?”
Mai spero. È un mondo senza vita. La vita vera sta altrove.
Eppure non ho il coraggio di andarmene. Me ne resto qui, in questo ambiente sterile a battere il bordo del tavolo con la mia penna. Sperando che una melodia mi trasporti via.
Ho ancora cinque minuti. Il foglio non rimarrà bianco ancora per molto. Questa vita deve piacere a me, non agli altri. Voglio una melodia? La avrò.
Di sicuro domani chiameranno i miei genitori per un colloquio.
Come al solito reciterò la parte del mimo. Qualche gesto triste, di cordoglio. Ma in realtà sarà solo silenzio.

[Questo piccolo racconto era il primo "esercizio" del laboratorio di scrittura creativa, ovvero "scrivi un racconto su come è stata scritta una canzone". La canzone in questione è Lifeless, degli Stolen Babies, che potete trovare qui: http://www.youtube.com/watch?v=lF4wqWDpVu4. E' chiaramente opera di completa fantasia.]