domenica 16 dicembre 2012

Una Notte sul Monte Daruga

Dal trattato “Attraversare i Cancelli – Riflessioni Teoriche sull’Andata e il Ritorno” di Lucy Meister, viaggiatrice di mondi

Quanto è infinitesimale la probabilità che una coincidenza si verifichi? Probabilmente si tratta di un numero talmente piccolo da non poter essere neanche calcolato, altrimenti non si inizierebbe nemmeno a parlare di coincidenza, ma di evento improbabile, fino ad arrivare ai grandi numeri delle possibilità e delle certezze.
Eppure è la coincidenza stessa che definisce questa realtà. Senza una sequela infinita di eventi, tutti dotati della stessa possibilità di riuscita, non si sarebbe giunti alla realtà che conosciamo. Si potrebbe dire che il mondo, e ogni mondo conosciuto, non si tratti altro che di una grandissima e infinitesimale coincidenza. Ma come noi viviamo serenamente nella realtà che conosciamo, in altri luoghi esistono creature, forse simili e forse completamente diverse da noi, che proseguono nella loro vita ignari di tutto ciò.
È stato dimostrato dall’eminente professor Jordan Michael Velles che è possibile varcare i cancelli della realtà tramite l’ausilio di alcuni semplici oggetti di uso quotidiano, che fungano da casualizzatori, veri e propri creatori automatici di coincidenze. Per la scelta di questi oggetti possono essere attuate diverse scelte, ma per quanto mi riguarda ho sempre trovato l’utilizzo di una televisione e quella di un computer dotato di una connessione a Internet le più congeniali e di facile utilizzo.
È sufficiente piazzare i due oggetti in una stanza chiusa, senza stimoli o influenze esterne (non è necessario possedere una stanza insonorizzata e asettica, una semplice camera da letto con le imposte delle finestre chiuse e la porta sbarrata è sufficiente), accenderli e far partire sul computer un semplice programma di randomizzazione di siti Internet, con un nuovo caricamento ogni circa venti secondi. Questo tipo di programma fa sì che il proprio browser Internet visualizzi una nuova pagina scelta casualmente tra i miliardi presenti sul web a intervalli di tempo regolari (una marea di siti porno a dire la verità, ma è comunque un metodo accettabile). Allo stesso modo la televisione deve essere accesa e modificata in modo tale che cambi canale automaticamente ad ogni intervallo di tempo (non deve essere necessariamente lo stesso impostato sul computer, anzi, è consigliabile selezionare un tempo diverso, più corto o più lungo).
Una volta fatto ciò, è sufficiente sedersi in un punto della stanza che offra una perfetta visuale sui due schermi e attendere.
L’attesa può essere lunga e snervante, ed è consigliabile portare nella stanza provviste di cibo e acqua sufficienti per almeno tre o quattro giorni. È altresì consigliabile avere nella stanza un letto comodo dove poter riposare per qualche ora, anche se è stato dimostrato che il sonno fa sì che l’effetto di coincidenza si blocchi. Non potendo visualizzare i due schermi e quindi rendere le coincidenze visibili al cervello, l’effetto di cancello voluto non si verifica. Stimolanti e caffè possono far sì di annullare questa condizione, ma non consiglio di farne abuso. Se avete sonno, mettetevi a dormire e riprendete con calma il giorno successivo. Le probabilità che si verifichi l’evento quella notte sono le stesse che avreste avuto dopo una buona notte di sonno, quindi non fatevi problemi.
Se siete costanti, comunque, prima o poi la coincidenza accadrà: sullo schermo del computer e sulla televisione verranno visualizzate le stesse cose nello stesso momento. Non deve esserci necessariamente una perfetta identicità: basta che si parli dello stesso argomento, dello stesso oggetto, dello stesso cartone animato.
Argomenti di attualità, come fatti importanti accaduti in quei giorni nel resto del mondo, purtroppo, non sortiscono l’effetto sperato: che compaiano gli stessi argomenti importanti su due canali di informazione diversi è una possibilità, certamente non una coincidenza.
Ad ogni modo, quando il vostro cervello si renderà conto dell’avvenimento, dovrete chiudere gli occhi e rilassarvi. Se sarete adeguatamente calmi, percepirete una strana sensazione nell’ambiente circostante, che può essere diversa da persona a persona: alcuni la descrivono come un tremolio nell’aria, altri come una sensazione di freddo o calore intenso, in alcuni e rarissimi casi si potrà avere la percezione che il proprio corpo venga scomposto a livello molecolare e poi ricomposto in un millesimo di secondo, oppure ancora la sensazione di essere divenuti bidimensionali per pochi, brevissimi istanti.
Quando il momento sarà terminato, prendete un bel respiro e aprite gli occhi: sarete giunti in un altro mondo!
Questa pratica, che consiglio solo a individui attentamente preparati, ha però i suoi difetti: non potrete mai sapere in che mondo finirete, e alcuni di essi sono decisamente ostili. Non parlo solo di creature indigene e violente, ma anche ambienti completamente composti da fuoco, privi di ossigeno o dove l’atmosfera per noi è velenosa. Consiglio quindi di dotarsi di equipaggiamento atto a resistere in ogni situazione e di una bella dose di coraggio: ricordate sempre, inoltre, che ogni corpo appartiene al proprio mondo e che basterà un semplice pensiero del proprio mondo nativo per ritornare indietro! Questa è l’arma di difesa più grande per coloro che, come me, decideranno di intraprendere la vita di viaggiatori di mondi. Non importa in quale orribile situazione finirete, basterà solo un pensiero fugace per riportarvi a casa.

[…]

Sembra quindi essere dimostrato che è la coincidenza, lo scontrarsi di due particelle di dimensioni infinitesimali che vagano con una traiettoria casuale nello spazio vuoto, l’evento che scatena l’apertura dei cancelli.
Eppure, per quanto su ciò siano state riempite pagine e pagine, il mio modesto parere pratico di viaggiatrice sostiene che questa non è la vera realtà dei fatti.
Riassumere la mia teoria in una singola frase non sortirebbe l’effetto voluto, mi è necessario descrivervi un avvenimento realmente accadutomi anni fa per spiegarvi tutto con accuratezza.
Ero pronta per un nuovo viaggio esplorativo, equipaggiata con una scintillante tuta carbonica atta a resistere a temperature e pressioni notevoli anche per diversi minuti, cibo a sufficienza per dei giorni e un’arma. Ma erano ormai sei giorni che aspettavo che l’apertura del cancello si verificasse, imbambolata davanti a due schermi che mostravano riprese casuali e pagine internet di tutti i tipi. L’improvviso cambiamento del canale televisivo fece apparire un documentario sull’accoppiamento di un non so quale passero americano e, pochi secondi prima che l’apparecchio cambiasse automaticamente frequenza, sulla schermata del computer comparve una pagina di una nota enciclopedia online sullo stesso animale.
Sentii un gran calore provenire dall’interno. Chiusi gli occhi e li mantenni serrati per qualche secondo, mentre mi si riempiva il corpo di una sensazione di piacevole vittoria. Sentii in lontananza rumore di tamburi e di corni, canti allegri e festosi, odore di zolfo misto ad un penetrante profumo di alcolici portato dal vento.
Quando aprii gli occhi mi resi conto che mi trovavo su di un promontorio roccioso, ed era notte. Stelle luminosissime brillavano nel firmamento e due lune, una grande e bianca e una più piccola e di un tenue colore verde, facevano capolino da dietro una massiccia catena montuosa che si spandeva a perdita d’occhio in ogni direzione. Mi resi immediatamente conto che una gigantesca cresta rocciosa poco distante brillava intensamente, come se fosse completamente avvolta dalle fiamme! Bastò un attimo per rendermi conto che altro non era che un vulcano fumante prossimo all’eruzione, sebbene il terreno non fosse sconquassato da tremori ed eruzioni di geyser solforosi.
Sentii chiaramente che il suono di festa proveniva da quella direzione, così mi incamminai seguendo un largo sentiero lastricato, evidentemente costruito da un qualche tipo di forma di vita intelligente. Decisi di proseguire verso quella direzione.
Non passò molto che vidi giungere in mia direzione un gruppo di strane creature: si muovevano strisciando sul ventre delle loro lunghe code serpentine, ma la parte superiore del corpo era indubbiamente quella di uomo. La loro pelle tendeva ai toni caldi dell’arancione, del rosso e del luminoso fuoco bianco, e i loro occhi scintillavano come braci incandescenti. Tra le mani tenevano clavicembali e corni di ottone, e li suonavano con gioia festante. Quando mi videro, strisciarono nella mia direzione e mi circondarono.
Per qualche istante temetti per la mia incolumità, ma poi notai che nessuno di loro portava armi. Una di queste creature, di queste salamandre di fiamme, mi sorrise con aria bonaria e mi disse qualcosa in una lingua sconosciuta, più simile al suono crepitante delle fiamme che ad un vero e proprio linguaggio intelligibile. Io mi limitai ad annuire, e lui mi indicò il vulcano, facendomi cenno di seguirli.
La voglia di scoprire cosa stava accadendo era tale che accettai senza timore. Arrivammo in breve ad un grande tempio di pietra nera costruito su di una pianura rocciosa a pochi metri dalla bocca sbuffante vapore del vulcano. Sul gigantesco portale di ingresso era incisa una scritta nel nostro alfabeto, ma dal significato sconosciuto: “DARUGA”. Ebbi modo di intuire in seguito che quello era il nome del vulcano, ma non ne ebbi mai la certezza. Era dall’interno del tempio che provenivano i rumori di festa e gli schiamazzi, così varcai la soglia.
All’interno mi si presentò uno scenario sorprendente: centinaia di creature stavano banchettando, suonando e giocando nello scenario di una grandiosa festa dedicata allo stesso vulcano. Tutte le creature, appartenenti a tre tipi completamente diversi, sembravano essere figli stessi del vulcano e delle sue fiamme incandescenti: c’erano decine di salamandre, così splendide con i loro busti muscolosi e i vestiti di ottone scintillante, poi delle creature umanoidi alte poco più di tre metri, con barbe color rosso acceso e occhi della stessa tenebra del carbone, che quando ridevano o gridavano emettevano sbuffi di caldo vapore dalle bocche e dai nasi, la maggior parte intenti a destreggiarsi in ordalie e prove di forza, e infine altre creature dalle forme più disparate (sebbene la maggior parte ricordassero comuni animali, come scimmie, tori e leoni) completamente fatte di fuoco.
Le salamandre mi condussero verso la tavola imbandita e mi fecero sedere ad uno dei posti d’onore, proprio di fianco ad un’imponente gigante vaporoso. Era forse il più grosso di tutti, perché con la testa sfiorava il soffitto dell’immenso tempio, e portava sul volto una maschera d’oro rappresentante un ariete che ne nascondeva buona parte dei lineamenti, ad eccezione della rigogliosa barba fulva che spuntava da sotto.
Il gigante mi disse qualche parola, ma non la compresi. Era però evidente che dovevano avermi preso per qualcuno di importante, forse una maga, comparsa dal nulla nel suo abito scintillante per assistere alla festa in onore del dio vulcano.
Due giganti a petto nudo si scontrarono in una virile (ma non violenta) prova di forza, il cui scopo era buttare a terra l’avversario servendosi solamente delle proprie braccia e solo tramite l’utilizzo di prese. Quando uno dei due riuscì nell’impresa, tutti gli ospiti del tempio esultarono all’unisono.
Uno scarabeo fatto di lava indurita giunse da me trasportando sulla schiena un vassoio d’ottone colmo di frutta freschissima e bevande fermentate dal sapore zuccherino. Per quanto fosse pieno di creature legate al fuoco in quell’edificio, l’aria era fresca e respirabile e gli stessi cibi serviti avevano le stesse qualità.
Iniziai a bere, e persi il senso del tempo. Ricordo vagamente il proseguimento della festa, di quando il gigante dalla maschera d’oro, alzando le braccia, fece calare il silenzio. Venne portato un pupazzo fatto di sterpi intrecciati, simile ad un gigantesco spaventapasseri, e dopo che il signore del fuoco lo ebbe benedetto, venne gettato della piscina incandescente del Monte Daruga.
Con le ore che passavano e l’alcol che intorpidiva le menti, molte furono le creature che decisero di abbandonarsi ad atti amorosi in pubblico, senza alcun pudore. Osservai con curiosità due creature fatte di fiamme viventi avvicinarsi e fondere i loro bagliori fino a divenire un’unica creatura più grande, in una compenetrazione così perfetta e allo stesso tempo così triste, perché impossibile per gli esseri fatti unicamente di carne.
La festa andò avanti per tutta la notte, ma sarebbe inutile continuare a descriverla, perché penso di aver raggiunto l’effetto voluto.
Tu, mio caro lettore, in questo momento stai provando meraviglia.
Ebbene, è la stessa cosa che provai io allora e che provo tutte le volte che, fissando i due schermi elettronici, l’evento si verifica. La coincidenza provoca meraviglia, non c’è nulla di strano in questo. Il nostro cervello non se la aspetta, e quando questa arriva ne è sorpreso.
Perché secondo me è davvero la meraviglia che ci spinge al di là del nostro universo, in mondi immaginabili ma allo stesso tempo così reali. La stessa meraviglia che si prova leggendo un libro fantastico, che ti faccia andare altrove con la mente, che ti renda un tuttuno con la storia.
Solo che qui non c’è una storia già scritta. Questa è pura immaginazione, è speranza, è voglia di separarsi da questa realtà e scoprire cose che non si sarebbe mai stati in grado di immaginare.
È voglia di evadere da questo mondo.
E sono sicura che voi tutti, almeno una volta, vorreste vivere una notte sul Monte Daruga.