giovedì 26 novembre 2015

La Guerra delle Ombre - Sessione XIII: Patto Mutante



Dopo essere usciti vivi dall’Eyren, il gruppo si ritira in una taverna con il loro nuovo compagno, il piccolo automa manutentore posseduto dallo spirito-macchina. Scambiano qualche parola con lui, valutando il da farsi, e dicendogli che tramite un trasporto istantaneo sarebbero giunti ad Auspar l’indomani, dove avrebbero potuto ricongiungersi ad Ampel Guardiadoro. Riescono a mantenere la farsa, facendo credere all’Eyren che sappiano davvero dove si trova la principessa.

Dopo aver trascorso una notte di riposo (o, nel caso di Neil, nel bordello sopra la locanda) il gruppo ritorna alla Cattedrale dell’Ordine del Vero giusto in tempo per la partenza.
Hiranel Senk ha trovato alcuni numenera nei magazzini della cattedrale, che potrebbero essere utili per la difesa della capitale: si trattano di un automa da guerra che si muove su due gambe sottili, dotato di decine di fruste metalliche, un artefatto cristallino che in grado di decuplicare la forza di gravità in una vasta area e un complesso macchinario in grado di trasformare l’ossigeno in gelatina.

Assieme a loro si uniranno una decina di adepti dell’ordine, e una pattuglia di venticinque cavalieri Anguleani guidati dal Generale Neron, un inquietante individuo con la fama di inflessibile e crudele cacciatore di mutanti.

Mentre si posizionano tutti nel tunnel di trasporto, gli adepti dell’ordine ai comandi dell’artefatto comprendono che c’è qualcosa di strano: l’energia arriva e il macchinario è attivo, ma non c’è risposta da Auspar. Neil si interfaccia al macchinario e lo esamina, scoprendo che effettivamente la sua sorgente di energia proviene da un altro luogo… anche se il macchinario dovrebbe funzionare normalmente.

Lo attivano, ma quando le luci si intensificano e il teletrasporto ha effetto, il gruppo capisce subito che c’è qualcosa che non va: si trovano in una vasta struttura a cupola, pallidamente illuminata da un globo di luce sospeso nella volta ciclopica, interamente costituita da cellette di synthacciaio posizionate ad alveare. Tra le scalanature delle cellette scorrono rigagnoli di fluidi chimici leggermente corrosivi.

Ancor più strano è che le loro cavalcature, i ministri degli eoni, i cavalieri, e persino Eyren e il piccolo Nubenera si trovino in stasi, completamente immobilizzati e privi di funzioni vitali, sospesi a poche spanne dal suolo.

Nell’area pare non esserci nulla, ma Neil, volando, si accorge che al centro della cupola si trova una vasca colma di liquidi: il pavimento è leggermente inclinato, e probabilmente i fluidi chimici confluiscono in quel punto.

Il gruppo si dirige lì, e in un batter di ciglio vede comparire dal nulla al centro della vasca una colonna di liquido viola-nero che scorre in due direzioni diverse (dall’alto verso il basso e viceversa), alto circa sei metri. Sanno di aver già assistito a questo fenomeno: la prima volta mesi fa, nei pressi di Guardianera (vedi Intermezzo – Gli Incubi della Montagna) e la seconda volta nella tana dei margr uccisi dal gruppo di Kor (vedi Sessione IV e V – La Mano Nera).

La colonna di liquido, questa volta, mostra però comportamenti che fanno intuire al gruppo che sia dotata di una mente pensante: con un effluvio di sostanze tocca la pozza sotto di sé, materializzando l’immagine di Melch, il re delle ombre, e indicando la sua corona di specchi brillanti.
Poi uno dei suoi pseudopodi liquidi assume una tonalità arancione, e lascia colare il fluido nella vasca, che cambia colore. Fa poi materializzare un’immagine di Ellie che bene direttamente dalla vasca.

Incurante delle conseguenze Ellie esegue quando detto: i suoi compagni non fanno in tempo a bloccarla.
Subito è in preda da spasmi di dolore e convulsioni, che però durano meno di un minuto. Quando riprende i sensi, tutto il gruppo si rende conto che la zona del collo è colma di venature nerastre e le iridi della tech sono diventate di un arancione brillante. Nonostante ciò, dice di sentirsi molto bene.

La colonna di liquido fa colare dell’altro fluido nella vasca, a sufficienza perché tutti i personaggi possano ingerirne. Spritz e Neil lo fanno, mentre Leon e Kendra rifiutano, lasciando che il fluido si dissolva tra i prodotti chimici.
Per coloro che hanno bevuto la sorte è la stessa: convulsioni e dolore, seguito da un mutamento che provoca la nascita di venature nere, il cambio di colore negli occhi e uno strano senso di benessere.

Nuovamente, nella vasca compare la forma di Melch, e la colonna liquida tocca insistentemente la corona. Il gruppo intuisce che molto probabilmente, questa creatura (ma è davvero una creatura?) vuole appropriarsene (Nota del Narratore: coloro che hanno bevuto il liquido hanno ricevuto 3 punti da distribuire a piacere tra i propri punteggi permanenti di Riserve).

La luce nell’ambiente si fa improvvisamente più intensa, e l’intero gruppo si trova teletrasportato nel tunnel sotterraneo di Auspar, assieme a tutta la compagnia di Ministri e cavalieri: nessuno di questi si è minimamente reso conto della “deviazione” intrapresa.
Dall’altro lato non c’è nessuno ad attenderli: due giovani adepti di Auspar giungono di corsa, chiedendo come abbiano fatto i Ministri di Jyrek ad attivare il teletrasporto senza che loro abbiano fatto nulla; sfortunatamente, solo i personaggi sono a conoscenza di cosa sia accaduto e da chi, molto probabilmente, sia stato attivato il teletrasporto.

Cercando di nascondere le loro nuove mutazioni estetiche il gruppo si allontana, e Ellie cerca Aldan per un colloquio. Riferisce al suo superiore tutto quanto accaduto finora, compreso ciò che hanno trovato all’interno dell’Eyren, con la sola eccezione dell’incontro con la creatura liquida durante il teletrasporto.
Aldan gli dice che solo alcuni membri di alto rango dell’Ordine sanno che la famiglia reale è fisiologicamente viva all’interno della struttura, ma data l’impossibilità di far recuperare loro lo stato di salute, dirlo al popolo sarebbe solamente stato un grosso rischio che avrebbe con tutta probabilità provocato lo scoppio di una guerra civile.
Sfortunatamente nessuno di loro sa che fine abbia fatto veramente Ampel Guardiadoro, portata via da un giovane adepto (o più probabilmente qualcuno che si spacciava per tale) quasi 25 anni prima.

Aldan suggerisce a Ellie di continuare a ingannare l’Eyren facendogli credere che Ampel è in città e deve essere protetta: con le sue capacità di calcolo, la struttura potrebbe fornire alla popolazione un’efficiente strategia difensiva.
Riferisce anche che le forze militari sono state avvertite della morte di Re Holivar, e che quegli idioti stanno approfittando della situazione per cercare di fare “bella figura” osteggiando apertamente i tentativi di difendere la città da parte dell’Ordine.
Fuori, il cielo è completamente oscurato da una cappa nera: le ombre non hanno ancora attaccato, ma è possibile che lo facciano durante la notte.

Leon si dirige alla Magione Vivente, mentre il resto del gruppo per guadagnare tempo va fino al Precipizio, mentre l’Eyren insiste a chiedere dove si trovi la principessa.
Durante il tragitto si rendono conto di essere seguiti da alcuni militari in incognito, così Spritz si divide dal resto del gruppo e decide di seguire lui stesso le forze militari.

Kendra, Ellie e Neil si presentano alle porte del Precipizio, dove vengono bloccati dai soldati. Neil insiste nel voler parlare con qualche generale di alto rango, facendo leva sul fatto di avere informazioni importanti, e alla fine viene accontentato. Viene scortato nel cortile del Precipizio assieme all’Eyren, che rimane buono a valutare la situazione, e ha un colloquio con un generale poco interessato ad ascoltarlo, che con fare da gradasso lo zittisce e gli nega qualsiasi tipo di favore. Il jack utilizza i suoi nuovi trucchi del mestiere per imporgli un comando mentale di non fare parola del loro incontro.

L’Eyren sembra deluso del non aver incontrato la Principessa, ma facendo leva sul fatto che “si trovi da qualche parte nel palazzo reale, ma non può essere raggiunta”, riescono a guadagnarsi l’aiuto dello spirito-macchina che accetta di difendere la città. Per prima cosa chiede di compiere un’analisi da un frammento delle creature d’ombra.

I soldati che stavano seguendo il gruppo, nel frattempo, notano Spritz che con un colpo di genio fa finta di nulla e finge di pisciare contro una parete. Il glaive si becca solo un paio d’insulti per aver pisciato davanti al palazzo reale, ma viene lasciato in pace.

Leon nel frattempo va alla Magione Vivente, trovandola in un brutto stato: il freddo e la mancanza di luce portati dalla cappa di oscurità stanno nuocendo gravemente alle piante e tutti i Sarraceniani, Auletta compresa, sono intenti a somministrare pozioni e ritrovati per farle riprendere. La donna è contenta che Leon stia bene, ma sembra troppo presa nel suo lavoro per prestargli attenzione. Rifiuta di abbandonare la Magione quando Leon le suggerisce di recarsi in un luogo più sicuro.

Dopo qualche tempo il gruppo si riunisce in una locanda, dove l’Eyren può cominciare la sua analisi su un oggetto posseduto da Ellie: un tentacolo d’ombra perfettamente conservato, recuperato nella rovina dove le linee temporali erano scisse.
Alla fine dell’analisi, Eyren riferisce che le creature sono composte da antimateria, la cui però essenza è stabilizzata dalla loro stessa natura, e provengono da una dimensione con struttura fisica paragonabile a quella di un buco nero. Contrariamente a quanto si possa pensare non sono vulnerabili alla luce, ma al calore, ma la loro consistenza è talmente fredda che solo una temperatura elevata e costante, paragonabile a quella della superficie del sole, potrebbe danneggiarle seriamente.
Suggerisce quindi che il metodo più efficiente per liberarsene sia legare nuclearmente la loro essenza a degli isotopi in grado di generare calore costante, come quelli provocati da materiale radioattivo instabile.
In altre parole, perché il gruppo abbia ben chiare le cose: necessita di un frammento del sole.
Ma ne lui, né il gruppo sanno dove poter trovare un oggetto del genere.

Nel frattempo l’oste della taverna annuncia l’inizio del coprifuoco, la prima notte di assedio ha inizio…

domenica 22 novembre 2015

Qualcosa di Pallido nello Scuro Abisso


Estate 2006 - I

- Non potevi scegliere un posto peggiore per trascorrere le vacanze. Guardati intorno! Qui non c’è nulla, assolutamente nulla da fare.
Per la quinta volta quella sera, Filippo ignorò le lamentele di Gabriella. Come il vento tra i rami di un bosco selvaggio, alcuni suoni sono destinati a non essere ascoltati dall’uomo. Otto giorni prima erano arrivati a Ballia, una piccola località marittima nel sud Italia, dove il nonno di Filippo aveva vissuto la sua gioventù, prima di trasferirsi a Torino per lavoro portando con sé la giovane moglie e suo padre, che all’epoca aveva appena due anni. Incuriosito dalle sue origini, Filippo aveva deciso di visitare il paese, in cui non era mai stato e dove la sua famiglia possedeva ancora una piccolissima casa sulla spiaggia. Le ferie estive gli avevano dato questa possibilità, così, dopo averne parlato con Gabriella, avevano deciso di partire. Era la loro prima vacanza insieme.
- Mi ascolti quando parlo? Io mi sto annoiando.
- Si, ti ho sentito.
Quando il vento diviene talmente forte da rompere i rami è impossibile non sussultare e, giorno dopo giorno, la sua compagna si era trasformata in una violenta brezza carica di neve. Rinvigorente e stimolante all’inizio, ma che a lungo andare ti gela le ossa nel profondo. Non che Gabriella avesse tutti i torti. Ballia era in passato, ed è tuttora, nulla più che un paese di pescatori, incapace di offrire la minima attrattiva, eccezion fatta per le acque marine eccezionalmente limpide. Dopo pochi giorni di spiaggia assolata e passeggiate sul lungomare, Gabriella aveva iniziato a mostrare insofferenza. Venivano entrambi dalla grande città, ma era lei quella maggiormente legata ai suoi ritmi e divertimenti. Se non c’era un party, un’uscita con gli amici, un qualcosa di nuovo ed eccitante da fare, il malumore prendeva il sopravvento. Filippo era meno dipendente da queste cose, e pur divertendosi molto nella movida torinese, non ne sentiva una reale necessità. Era la rara persona che avrebbe potuto passare ore a osservare un paesaggio splendido senza annoiarsi.
Continuarono la passeggiata serale sul lungomare. I pochi turisti erano per lo più anziani in vacanza, o famiglie con bambini strillanti al seguito. Se si escludeva loro, e i continui sbuffi di Gabriella, si sarebbe sentito solo il ritmico suono delle onde che si infrangevano sulla battigia.
- Facciamo qualche foto, ti va? – chiese improvvisamente Filippo, tentando di alleggerire il disagio della compagna.
Gabriella si strinse nelle spalle e arricciò il naso, segno che sì, andava bene, ma che in realtà non le importava poi più di tanto.
- Sulla spiaggia però. Questo lungomare è troppo triste – disse lei, mentre Filippo stava armeggiando con la fotocamera.
Scesero la breve scalinata di cemento che portava alla spiaggia e percorsero in silenzio la passerella tra le file di ombrelloni e sdraio deserti. Poco lontano, Filippo vide un gruppo di scogli che si protrudevano dalla riva come un’escrescenza, e li indicò alla sua compagna pensando che fosse il posto ideale per scattare delle foto. Lei annuì impercettibilmente.
Dopo pochi minuti, si trovavano entrambi a camminare su quegli scogli scivolosi ma stabili. Filippo osservò il mare, quell’oscura vastità ignota che tanto gli ricordava il cielo notturno. Non c’era molta differenza tra lo spazio e il mare, pensò Filippo. Entrambi freddi, crudeli e per lo più sconosciuti. L’uomo cercava di conquistare il primo, quando non aveva ancora ben chiaro cosa ci fosse nel secondo, decisamente più a portata di mano.
- Allora? Sto aspettando – disse la sua compagna. Mentre era assorto nei suoi pensieri, Gabriella si era seduta sull’ultimo scoglio del gruppo, in posizione accovacciata. I suoi capelli biondi e ricci erano agitati dalla brezza carica di iodio.
Filippo la inquadrò nell’obiettivo e fece uno scatto. Il flash trasformò la notte in pieno giorno per una frazione di secondo.
- Fammene un’altra – disse lei – sono sicura che è venuta male.
Un altro problema di Gabriella era questa sua fissazione per le fotografie. Era convinta di non essere fotogenica, di venire male in qualsiasi ripresa, così Filippo era costretto a interminabili sessioni fotografiche da cui lei, alla fine, salvava non più di due o tre foto di cui non era comunque pienamente soddisfatta. Quando gli venne in mente ciò, pensò che probabilmente avrebbe preferito continuare a sentire le sue lamentele sul lungomare, ma ormai il danno era fatto.
Filippo cominciò a scattare foto all’impazzata, non dando tempo alla sua ragazza di mettersi in posa. Dopo qualche minuto, lei borbottò qualcosa sulla sua incapacità e ritornò verso di lui. Filippo pensò che quella sarebbe stata, molto probabilmente, la loro prima e ultima vacanza insieme.
Gabriella gli prese la fotocamera dalle mani, e iniziò a scorrere le foto fatte pochi istanti prima. L’impegno di Filippo venne per la maggior parte cancellato senza che avesse il tempo di ribattere.
- Questa non è male – disse lei alla fine, mostrandogli l’unica foto salvata.
Effettivamente, Filippo aveva colto proprio il momento giusto per quello scatto. Il vento aveva alzato i capelli della sua compagna, e lei aveva lo sguardo intento a scrutare l’orizzonte, perso nei suoi pensieri. Il vestito blu che portava quella sera era anch’esso mosso dal vento, rivelando maliziosamente il polpaccio e parte della coscia.
Filippo annuì con un mezzo sorriso, poi notò quella cosa.
Nel mare nero si vedeva chiaramente qualcosa sul pelo dell’acqua. Era appena percettibile, niente più di qualcosa di pallido nello scuro abisso, ma era sicuro che ci fosse. Non era un pesce, né un detrito portato a riva dalle onde. Era qualcosa di vivo, colto dallo scatto nei pochi istanti in cui era emerso in superficie. Qualcosa che si voleva nascondere, ma che non era stato in grado di sfuggire all’occhio infallibile della fotocamera. Filippo provò un moto di disgusto, perché quella cosa era nauseante, ma allo stesso tempo ne divenne irrimediabilmente attratto. Era come se tutti i segreti del mare gli fossero stati svelati.
- Lo vedi anche tu? – chiese con voce tremante.
- Di che parli?
- Quella cosa nel mare, dietro di te. La vedi?
- Non vedo proprio nulla – rispose Gabriella dopo aver esaminato la foto per qualche secondo.
- Cristo santo, come fai a non vederla? Oddio, sembra… sembra… - ma non riuscì a completare la frase. Le parole gli morirono in gola.
- Fil, mi stai facendo paura – gli disse lei.
Filippo non riusciva a staccare lo sguardo dalla foto. Pensò che era così evidente, come era possibile che lei non se ne accorgesse? Divenne prima paonazzo, poi pallido, e sentì mancarsi le forze. Trovò l’energia necessaria per alzare lo sguardo verso il mare, ma non vide altro che oscurità.
- Torniamo a casa  - disse improvvisamente lei – non so cosa tu abbia visto, ma non credo che tu stia bene.
E così fecero. Filippo rimase silenzioso per tutta la lunga camminata del ritorno, continuando a pensare a quell’essere che solo lui era in grado di vedere.

Autunno 2014 - I

La notte di Halloween dona potere, questo lo sapevano tutti i ragazzi. Era la notte in cui si poteva uscire per strada, truccati e mascherati, con il solo intento di far danni. Poco importava che la festa fosse una tradizione tutta americana giunta solo da pochi anni nella piccola Italia. Bastava aver visionato Il Corvo almeno un paio di volte per capire che, in quella notte, tutto era possibile, e si poteva uscire impuniti da qualsiasi situazione.
Questo era ciò di cui Andrea, quindici anni compiuti da poco, era fermamente convinto. Erano circa le dieci di sera, una fresca brezza giungeva dal mare, e le strade di Ballia erano deserte. C’erano vantaggi e svantaggi a vivere in un paesino dimenticato da tutti sulla costa. I vantaggi erano che il mare era sempre a disposizione, e durante l’estate la zona si riempiva di turisti, e Andrea aveva imparato ad apprezzare solamente da pochi anni la vista delle sue coetanee in costume da bagno. D’altro canto, per i rimanenti nove mesi dell’anno non c’era nulla, ma veramente nulla da fare. In paese rimanevano solo vecchi, e tutto diventava più morto dell’ultimo cane che aveva posseduto.
I suoi compagni di scuola vivevano tutti in altri paesi sparsi per la costa e l’entroterra, e l’unico amico che aveva in quel buco era Giovanni, che in quel momento stava camminando al suo fianco con aria spavalda e un pessimo trucco da zombi. Andrea, invece, aveva calata sul volto una maschera da hockey.
- Non c’è nessuno in giro! – esclamò Giovanni – ma non lo sanno che è Halloween?
- Cosa vuoi che ne sappiano, qua sono tutti vecchi. Ed è meglio che evitiamo certe case, ho sentito che l’anno scorso quell’ubriacone del Cataldi ha mandato via dei ragazzini puntandogli addosso la lupara. Quelli si sono cagati talmente sotto che sono corsi a nascondersi al bar più vicino.
- Il Cataldi è tutto scemo, quando sarò vecchio non diventerò così. Ma quanti anni avevano questi?
- Non so, undici, dodici…
- Normale che si siano presi paura, allora. Fosse successo a me, gli avrei levato di mano l’arma.
- Sì, metti che quello ti sparava.
- Sai quanti soldi prendevano i miei?
- Sì, forse, ma tu eri morto comunque – rispose Andrea, che aveva più senso pratico, chiudendo definitivamente la conversazione.
Si mossero prima verso il lungomare, dove si fecero un paio di foto con i loro smartphone, poi si infilarono in una vecchia cabina telefonica, residuo di una civiltà dimenticata, e imbrattarono le vetrate con dei pennarelli che si erano portati appositamente per l’occasione. Giovanni guardò con un misto di approvazione e soddisfazione la scritta FUKING HALLOWEEN NIGHT che Andrea aveva tracciato.
- Sei sicuro che si scriva così?
Andrea annuì.
                Camminarono ancora un po’, incrociarono un paio di persone, tra cui un uomo di almeno settant’anni che quando li vide contrasse la mandibola e li squadrò con aria sdegnata, fermandosi in mezzo alla strada, e continuò a fissarli fino a che non sparirono dietro l’angolo.
                Qui, in una stradina buia dove c’era solamente un alberghetto chiuso per ferie, si divertirono a tracciare con il gesso le loro sagome sull’asfalto.
                - Domani crederanno che è morto qualcuno. Sai che spavento?
                Andrea rise, soddisfatto. Il potere della notte di Halloween era nelle sue mani.
                Tornati sul lungomare si guardarono intorno, incerti sul da farsi, quando un lampo nell’oscurità attirò la loro attenzione. Videro sulla riva un uomo, avvolto in uno spesso impermeabile grigio, intento a scattare foto. Tra le mani teneva una fotocamera di come non se ne vedevano più da qualche anno. Era magro, con la barba di tre giorni, e aveva un’espressione triste in volto.
                - Guarda, c’è il fotografo. Un altro scemo.
                -  Chi è? – chiese Giovanni.
                - Ma come, non lo sai? Avrò avuto sette o otto anni la prima volta che l’ho visto. Quello viene qui tutte le notti, sempre su questa cazzo di spiaggia, a fare foto al mare. Sono anni che va avanti, non importa se piove o fa freddo. È sempre qui. Una volta l’ho visto al bar di Enrico, era entrato per prendere un caffè, e si è seduto a un tavolo da solo. È stato a borbottare tutto il tempo, come se parlasse con qualcuno, ma non c’era nessuno con lui! Forse poi si è accorto che lo stavo guardando, perché mi ha lanciato un’occhiataccia e se ne è andato.
                - Che tizio strano. Ma perché fa le foto?
                - Cosa vuoi che ne sappia io? Abita in una casa sulla spiaggia, poco lontano da qui. Quel posto mette i brividi.
                - Andiamoci! – esclamò Giovanni, con il suo solito fare spavaldo.
                - Come sarebbe?
                - Ho detto andiamoci, tanto lui è qui, andiamo a ficcare il naso! Magari tiene qualche schifezza in casa, che ne so, dei cadaveri.
                - Secondo me è scemo e basta. E se rientra?
                - Che vuoi che faccia? Mica tira fuori la lupara come il Cataldi.
                - E tu che ne sai?
                - Andiamo, è Halloween! O adesso, o mai più!
                Giovanni aveva ragione. Era Halloween, e il potere di quella notte non sarebbe tornato fino all’anno successivo. Si mossero a passo svelto verso casa del fotografo, lanciandosi ogni tanto delle occhiate alle spalle per controllare che fosse ancora dove l’avevano visto.
                La casa sulla spiaggia era un cubicolo di cemento e malta grigi, con un cortiletto colmo di erbacce tutt’intorno. Con qualche sdraio, un gazebo e una pitturata alle pareti avrebbe potuto avere un aspetto solare, ma così malridotta sembrava nulla più che un malriuscito tentativo di abuso edilizio.
Si avvicinarono con circospezione, e si resero conto con sorpresa che il cancelletto che dava sul cortile era aperto. Entrarono, muovendosi a ridosso delle erbacce e di alcuni vasi pieni di terra, ma privi di piante. L’interno dell’abitazione era buio, e Giovanni si avvicinò con decisione verso la porta principale.
Andrea valutò che molto probabilmente sarebbe stata chiusa a chiave, e che avrebbero dovuto rinunciare ai loro propositi. Il pensiero gli diede un po’ di conforto, anche se non l’avrebbe mai ammesso con il suo amico.
Giovanni spalancò la porta e guardò l’amico con aria trionfale, facendo un inquietante sorriso zombificato.
Ficcò la mano all’interno per cercare un interruttore della luce, ed ebbe fortuna. Dopo pochi istanti, una lampadina polverosa illuminò l’ambiente. Entrarono, e si richiusero la porta alle spalle.
La casa era composta da solo due stanze e un piccolo bagno. Quella dove erano entrati fungeva sia da salotto che da camera da letto, a giudicare dal materasso avvolto dalle coperte luride e un piccolo televisore appoggiato su un mobile. Da lì potevano vedere giusto qualche ombra della stanza accanto, probabilmente una cucina. Ciò che li impressionò maggiormente furono le centinaia di piccole immagini stampate su carta fotografica che facevano bella mostra su pareti, mobili e bacheche di compensato, tenute su con scotch e puntine. Tutte queste foto ritraevano il mare visto dalla spiaggia di Ballia, e sempre di notte. Una sola aveva un soggetto leggermente diverso: lo sfondo era sempre marino, ma in primo piano si poteva vedere una ragazza bionda seduta sugli scogli. Sotto ogni fotografia era stata scritta una data con la biro rossa.
- Wow, secondo me questo tizio è un serial killer – sussurrò Giovanni.
Andrea si avvicinò a un muro pieno di foto e le osservò con attenzione. A una prima occhiata non l’aveva notato, ma su ogni foto era stato tracciato un minuscolo cerchio con la biro, ogni volta in punti diversi. Il ragazzo guardò all’interno del cerchio, ma non vide altro che l’oscurità marina.
Nel frattempo, Giovanni si era dato da fare per staccare alcune foto, e ora le stava riponendo in una tasca dei jeans.
- Ma che fai? – chiese Andrea.
- Prendo qualche prova – rispose l’amico – altrimenti nessuno crederà mai che siamo stati qui.
Poi la porta si aprì, e Filippo li vide.

Estate 2006 – II

- Filippo, io torno a casa – disse Gabriella con tono che non ammetteva repliche.
                Erano passati tre giorni dalla sera in cui il suo fidanzato aveva scattato la foto, e da quel momento in poi ne era stato completamente ossessionato. Per tutte le sere seguenti si era recato nello stesso punto della spiaggia, vicino alla formazione di scogli, e per ore non aveva fatto altro che fotografare il mare. Ogni giorno era stato un’assillante, folle susseguirsi di domande come ma non lo vedi? Qui compare di nuovo! E qui anche, come è possibile che tu non lo veda?.
                In principio, Gabriella aveva pensato che Filippo le stesse giocando uno scherzo, forse per alleggerire la tensione causata dalla noia che si era venuta a creare tra i due. Dopo essere tornati a casa, quella sera, aveva valutato la cosa ed era rimasta divertita, anche se pensava che Filippo avesse uno strano senso dell’umorismo. Poi aveva notato che lo scherzo si era protratto il giorno successivo, e quello dopo non aveva più alcun dubbio: Filippo credeva veramente a ciò che stava dicendo.
                Aveva guardato e riguardato quelle foto, ma non aveva trovato niente di strano. Il mare era scuro, solo la schiuma delle onde più vicine alla spiaggia erano visibili, e non c’era nessuna creatura rivoltante intenta a nuotare nell’acqua. Aveva più volte tentato di farsi descrivere cosa lui vedeva, ma non c’era stato verso di ottenere risposte. Pareva che lo stesso tentativo di raccontare la forma della creatura causasse in lui un moto di disgusto, forse addirittura terrore. Quel pomeriggio aveva preso la sua decisione, e aveva fatto i bagagli. Lui non se ne era nemmeno accorto, tanto era intento a contemplare le fotografie, e anche adesso, dopo che lei aveva dichiarato ad alta voce le sue intenzioni, non riuscì a ottenere reazione.
                - Filippo, mi senti? Sto per andarmene, prenderò il primo treno. Torno a Torino. Se ti importa ancora un po’ di me, se sono ancora leggermente più interessante di quelle tue stupide fotografie, dimmi qualcosa. Parlami.
                - Fa buon viaggio – disse lui, con voce bassa e priva di sentimento.
                - Ma cosa ti è successo? Se solo tu riuscissi a spiegarmelo…
                - Non credo si possa spiegare. Io riesco a vederlo, tu no. Nessun altro ci riesce. Ho mostrato le foto ad altri, sai? Al bar sulla spiaggia, ad alcuni turisti. Gli ho chiesto se ci trovassero qualcosa di strano, se riuscissero a vedere quell’essere. Non ci sono riusciti. Io sono l’unico che può vederlo. Non so perché, ma è così.
                - È perché quella cosa non esiste, Filippo! Non esiste nessun mostro, nessuna creatura pallida che nuota nel mare! Te la sei sognata, si è formata questa convinzione nel tuo cervello! Forse hai avuto un piccolo ictus, un esaurimento nervoso, qualsiasi cosa! Ma devi convincertene, non c’è nessuna bestia marina in quelle fotografie che scatti!
                Gabriella era su tutte le furie. Non poteva credere che il suo ragazzo fosse impazzito così, da un giorno all’altro, ma non c’era altra spiegazione plausibile. Ciò che diceva era troppo folle per crederci.
                - Sì, faresti meglio ad andartene – disse lui, ritornando a scorrere le immagini sulla fotocamera.
                Gabriella scosse semplicemente la testa, e una lacrima le rigò il volto. Raccolse i bagagli e fece per prendere la porta della piccola e accogliente casetta sulla spiaggia.
                - Stanotte mi ha parlato – disse Filippo, pochi istanti prima che lei uscisse – lui vuole che continui. Nei film dell’orrore i mostri strisciano sempre nell’oscurità, senza farsi notare… ma lui vuole essere visto. Non tutti sono in grado di farlo, ma coloro che hanno questo potere saranno salvi, perché la verità porta sempre salvezza…
                Era abbastanza. Gabriella si chiuse la porta alle spalle e respirò l’aria notturna. Guardò di nuovo il mare, ma non c’era nulla, assolutamente nulla, oltre alle nere onde che si rifrangevano sulla battigia.

Due giorni dopo, Filippo si svegliò di colpo da un sonno profondo e tormentato. La creatura sussurrava nuovamente, mostrandogli un antico passato. Pescatori sulla riva di una spiaggia, qualcosa che veniva gettato in acqua, l’essere che ne fuoriusciva, pallido come la luna e coperto di alghe marcescenti. E tra i pescatori che lo acclamavano, c’era suo nonno. O forse era il suo bisnonno? Impossibile comprenderlo, la somiglianza era troppa, ma era sicuro che fosse qualcuno della sua famiglia. Ogni giorno cresceva in lui la consapevolezza di qualcosa di grande e mostruoso che si profilava alle sue spalle, rendendolo non più padrone della sua vita. Tutto ciò che poteva fare era rispondere a quell’impulso, perché ogni tentativo di sottrarvisi gli portava solo sferzate di dolore.
                Ci mise qualche istante per capire che qualcuno stava bussando alla porta. Si recò con passo assonnato ad aprire, e si trovò di fronte un carabiniere in divisa, che lo squadrava con aria inquisitoria.
                - Lei è il signor Cicero Filippo?
                - Sono io, mi dica – rispose, atono come sempre, in quegli ultimi giorni.
                - Sto cercando Terni Gabriella, è per caso qui?
                - No, è andata via da qualche giorno. Perché la cercate?
                - La sua famiglia è in pensiero, e dopo quarantott’ore possono partire le indagini per persona scomparsa. Ci è stato riferito che era in vacanza con lei.
                - Abbiamo… litigato – disse Filippo cercando di apparire normale, colto da un improvviso istinto di autoconservazione.
                - E poi che è successo? L’ha picchiata?
                - No, no, ma che dice. È andata via l’altro ieri sera, credo… ha detto che avrebbe preso il primo treno per tornare a casa.
                Il carabiniere era chiaramente sospettoso. Gli fece qualche altra domanda di circostanza, poi gli chiese se poteva entrare. Filippo sudava freddo, aveva come la sensazione che qualcosa non tornasse, che quell’istinto di sopravvivenza che lo aveva colto non facesse parte di lui, ma di qualcos’altro, di una creatura esterna. Sentiva l’alito marcescente del mostro pallido sul collo.
                Acconsentì alla richiesta, e per una decina di minuti buoni il carabiniere fece correre il suo sguardo su ogni angolo della piccola abitazione. Ogni volta che questi passava vicino alla fotocamera, appoggiata sulla scrivania, Filippo aveva un brivido involontario. Comprendeva ora che non voleva che Gabriella se ne andasse, ma qualcosa gli aveva detto di lasciarla fare. Sapeva che quella voce che gli aveva dato il suggerimento non era parte di sé. Lui non era più sé stesso, era solamente uno strumento, l’unico che poteva vedere senza potersi opporre. Filippo non esisteva più, egli era solamente un visionario.
                Il carabiniere terminò il suo giro di ispezione, poi si congedò raccomandandogli di rimanere in zona.
                Tirò un sospiro di sollievo e tornò a afferrò la fotocamera e la contemplò avidamente, come Frodo con l’anello del potere.
                Non tornò più a Torino. L’essere pallido gli disse che doveva rimanere, che doveva cercarlo ancora.
Gabriella non venne mai più ritrovata.

Autunno 2014 – II

- Non dovevate vederle. Non dovevate – disse Filippo, con aria sconvolta.
Andrea e Giovanni ebbero un attimo di esitazione, poi il secondo si lanciò verso la porta. Filippo tentò di afferrarlo, ma lui fu più rapido e sgusciò via, lasciando l’amico meno reattivo in balia di quell’uomo, evidentemente pazzo.
- La prego, noi non volevamo! Non abbiamo toccato niente, giuro!
- L’avete visto? L’avete visto, voi?
- Di cosa sta parlando??
- La bestia pallida, il mostro degli abissi, colui che vuole essere visto! Voi siete in grado di vederlo, avete il dono?
Andrea non seppe cosa rispondere, era solo terrorizzato.
- No, evidentemente no. Vattene via ragazzo, qui non c’è posto per te. Ma sappi che non durerà molto. Ti prenderà, perché tu non hai il dono, e hai osato metterti alla prova. Vattene via, vattene!
Andrea non se lo fece ripetere, e si lanciò verso la porta. Filippo non tentò di afferrarlo, si fece semplicemente da parte. Diede un’occhiata alla casa, cercando di capire se i due ragazzini avevano fatto dei danni, ma sembrava tutto in ordine. Solo dopo qualche minuto si rese conto che alcune delle fotografie migliori, che aveva stampato e sistemato nell’abitazione, erano scomparse. Gridò e si lanciò in strada, in cerca dei due, ma era già troppo tardi. Erano scomparsi.

Stralci da un famoso quotidiano nazionale

12 Novembre
Gli inquirenti sono ancora alla ricerca dei due quindicenni scomparsi, Andrea Govone e Giovanni Sacramento. Avvistati per l’ultima volta la notte del 31 ottobre per le strade della loro città di residenza, Ballia, non sono mai rientrati nelle loro abitazioni. Le indagini hanno portato all’arresto di Filippo Cicero, abitante del paese già alcune volte ricoverato per problemi psicologici e già sospettato, otto anni fa, per la scomparsa della sua ex-fidanzata Gabriella Terni, mai più ritrovata.
Gli inquirenti hanno dichiarato che l’arresto di Cicero è stato effettuato per motivi precauzionali, e che al momento non ci sono prove tangibili del suo coinvolgimento. Ha fatto però scalpore il video dell’arresto, in cui si sente Cicero urlare frasi sconnesse e prive di significato come “gli dei del mare sono tra noi!”, e fanno anche discutere alcune fotografie rinvenute nella sua abitazione...

21 Novembre
La dichiarazione del comandante Arnolfo relativa alla scomparsa di alcuni carabinieri impegnati nell’indagine sui “ragazzi di Halloween” ha lasciato l’amaro in bocca. I commenti sono stati pochi e deludenti, e pare che le stesse forze dell’ordine si trovino in una situazione di crisi…

24 Novembre
In esclusiva, ecco alcune delle fotografie rinvenute nell’abitazione del sospettato Filippo Cicero, al momento ancora agli arresti…

26 Novembre
Il corpo di Filippo Cicero è stato rinvenuto questa mattina nella sua cella, privo di vita. Dalle prime analisi, pare che si sia tolto la vita impiccandosi per mezzo delle lenzuola nella sua cella…

30 Novembre
Tutti coloro che non sono in grado di vedere tornino al mare.