mercoledì 21 marzo 2012

Leggende Metropolitane



“Spiegami un’altra volta perché mi avete tirato giù dal letto a notte fonda”, disse il detective Tyrrell Jackson all’agente Constance, un ragazzo biondo e butterato appena uscito dall’accademia che sarebbe sicuramente stato più felice in una discoteca a divertirsi, anziché di servizio per le strade di Milford alle tre e mezza di una calda mattina di luglio. Nemmeno Tyrrell era troppo contento di trovarsi alla centrale di polizia. Gli avevano telefonato solo mezz’ora prima per una questione urgente. L’agente Constance aveva parlato di un possibile omicidio, ma Tyrrell era talmente rimbambito dal sonno che non era riuscito a capire i dettagli. Aveva bevuto mezzo litro di caffè, indossato i primi vestiti che aveva trovato nell’armadio ed era uscito di tutta fretta dal suo appartamento da single afroamericano di una cittadina di provincia. Quella vita era una merda. Era entrato in polizia perché credeva che fosse una vita avventurosa, ma tutto ciò che succedeva in quel postaccio erano incidenti stradali e talvolta qualche ragazzino sballato che dava i numeri.
“Abbiamo qui una ragazza che dice di essere stata aggredita da un uomo con un uncino al posto della mano sinistra”, disse Constance.
“Fammi indovinare, magari si trovava appartata in macchina con il suo fidanzato in un bosco o su un promontorio.”
“Su una scogliera a dire il vero. Come fa a saperlo, detective?”
“Quella del killer con l’uncino non è altro che una stupida leggenda metropolitana, ti ha preso per il culo, Constance!! Lei e il suo ragazzo! A proposito, lui dov’è?!”
“È proprio quello il problema, detective – rispose Constance, un po’ imbarazzato – il ragazzo è sparito nel nulla.”
“Sparito? – esclamò Tyrrell – come sarebbe sparito?”
“Sì, e la ragazza, che si chiama Jane Maple, sembra essere veramente sotto shock. Ha raccontato una storia piuttosto strampalata… per quello abbiamo chiamato lei. Se c’è qualcuno che può farla calmare e capirci qualcosa è lei.”
Ecco cosa succede ad essere l’unico detective di questo paesino di merda, pensò Tyrrell.
“Va bene – rispose il detective rassegnato – lei dove si trova?”
“Nella sala degli interrogatori.”
Tyrrell si avviò per il corridoio che conduceva alla sala. Aprì la porta e vide la ragazza, Jane Maple, seduta vicino ad un tavolo su cui era stato appoggiato un bicchiere di carta pieno di caffè fumante. Jane aveva tra i diciotto e i vent’anni, capelli color paglia lunghi fino alle spalle e un viso grazioso, sebbene coperto di trucco sbavato. Indossava una minigonna a tartan, stivali che arrivavano al ginocchio e un top nero che lasciava intravedere il seno prosperoso. Si stava tenendo le mani tra i capelli scarmigliati, ma quando Tyrrell entrò, la ragazza alzò lo sguardo verso di lui. Il detective notò subito che aveva un’espressione veramente sconvolta. Forse sarebbe stato il caso di farle un esame tossicologico.
Tyrrell si tolse la giacca e si sedette davanti a lei.
“È qui per aiutarmi?”, chiese Jane.
“Sono il detective Tyrrell Jackson – rispose lui tirando fuori dal taschino una penna e un bloc-notes – sono qui perché voglio capire cosa ti è successo.”
“Ho già spiegato tutto ai suoi colleghi e si sono fatti una bella risata. Ma io sono sicura di quello che ho visto e… Peter è sparito nel nulla.”
“Chi è questo Peter, il tuo ragazzo?”
“No. Beh, più o meno. L’avevo conosciuto stasera in un locale e sa com’è, una cosa tira l’altra…”
“Aspetta Jane. Cominciamo dall’inizio, da quando sei entrata in questo locale. Voglio che mi dici tutto quanto, ogni minimo dettaglio può essere importante.”
“Va bene, tutto dall’inizio. Cazzo, mi sento così stupida… di sicuro mi crederà una pazza. Da buttare in manicomio, direttamente. Ma d’altronde, che posso fare d’altro? Glielo dirò lo stesso, sperando che mi creda. Stasera ero uscita con una mia amica, Kristie. Saranno state le dieci e mezza e mi ero fatta figa per la serata all’Ascension. Lei mi era passata a prendere in macchina.”
“Il locale appena fuori dallo Slaughter Beach Park?”
“Proprio quello.”
Tyrrell conosceva quel posto. Una discoteca sulla spiaggia aperta fino a notte fonda, ritrovo di amanti della musica dance e di spacciatori di droghe sintetiche.
“Bella musica, divertimento, insomma una pacchia – continuò lei - io e Kristie volevamo fare un po’ le pazze. Andare lì, conoscere qualche ragazzo, ballare… insomma, le solite cose che possono fare due ragazze in questa noiosa provincia.”
“Avete assunto alcol o droghe?”
“No, ma cosa dice? Beh, mi hanno offerto un paio di Sex on the Beach…”
“Quanti anni hai, Jane?”
“Ventuno.”
“Forse la tua balia ne ha ventuno.”
“E va bene, ne ho diciotto, ma che vuol dire?”, chiese lei con tono timoroso.
“In questo stato è illegale consumare alcolici prima dei ventuno anni.”
“Beh, ma io… senta, qui sono io la vittima, era il ragazzo con cui mi stavo passando la serata che è stato aggredito dal killer con l’uncino.”
“Il killer con l’uncino è una leggenda metropolitana. Creata a tavolino per non far infrattare i ragazzi nei cespugli e creare bebè indesiderati.”
“La prego – disse lei con sguardo supplichevole – almeno lei mi creda. So quello che ho visto.”
“Vai avanti”, disse il detective annotando l’eccessivo e illegale consumo di alcolici della ragazza sul suo bloc-notes. Sperava che quella storia finisse al più presto, che il ragazzo saltasse fuori dal buco dove aveva deciso di nascondersi dichiarando che era tutto uno scherzo e che potesse entrambi mandarli a casa dopo avergli fatto una bella lavata di capo.
“Dicevo, ero là con Kristie. Abbiamo ballato un po’, parlato con qualche ragazzo e tra una cosa e l’altra si è fatta mezzanotte. Ad un certo punto l’ho persa di vista, poi l’ho beccata nei bagni mentre si faceva fare cose da un ragazzo più grande… lui aveva un bel fisico, forse faceva palestra. Mi sono sentita parecchio sola. Di certo non sarei tornata a casa con lei, così ho cercato nel locale se c’era qualcuno disposto a darmi un passaggio, che magari fosse anche carino.”
“E l’hai trovato?”, chiese il detective, pur sapendo già dove portava quella storia. Voleva che dicesse tutto quanto Jane, così da poter valutare l’effettiva stabilità dei suoi ricordi e la sua millantata sobrietà.
“Ad un certo punto ho visto un ragazzo. Era alto e magro. Se non fosse stato così alto gli avrei dato non più di quindici anni, perché aveva una faccia da ragazzino… beh la faccia di un bel ragazzino, devo dire. Se ne stava tutto solo in un angolo. Aveva capelli rossicci e un bel po’ di lentiggini. Indossava una camicia verde, mi pare, jeans slavati… un bel tipo insomma. Per un attimo ho pensato che stesse conversando con qualcuno, ma poi quando mi sono avvicinato ho visto che era da solo. Eppure parlava a qualcuno, nascosto nell’ombra… mah, non lo so. Mi sono avvicinata, gli ho chiesto se voleva accompagnarmi a fumare. Ha tirato fuori un sorriso da mascalzone irresistibile e ha accettato. Sono uscita con lui, si è presentato come Peter e ci siamo fatti quattro chiacchiere. Era molto simpatico, mi fissava con intensità, rideva ad ogni mia battuta… sembrava quasi essere pazzo, ma affetto da una pazzia che si trasmette, capisce detective? Mi sentivo allegra e folle anche io in sua presenza. Mi ha detto qualche frase dolce, tipo che ero molto carina, ma che purtroppo lui il giorno dopo sarebbe dovuto andare via da Milford e quindi avrebbe avuto solo quella notte per conoscermi.”
“Ti ha detto dove sarebbe andato?”, la interruppe Tyrrell.
“Quando gliel’ho chiesto ha esitato. Ha farfugliato qualcosa, poi ha voltato la testa di scatto, come se qualcuno l’avesse chiamato… ma non c’era nessuno. Poi ha detto semplicemente che era in viaggio per gli Stati Uniti e io non gli ho fatto altre domande.”
Il detective annotò anche queste informazioni sul suo bloc notes.
“Continua, Jane.”
“Aveva una macchina d’epoca color rosso fiammante, una bella decappottabile. Non me ne intendo di automobili, ma potrei dire che era degli anni ’50. Beh, in televisione in quei vecchi film si vedono sempre macchine del genere. Mi ci sono accomodata e mi ha chiesto se prima di andare a casa avevo voglia di andare a fare un giro sulla spiaggia. Ovviamente ho accettato, così dopo pochi minuti ci siamo trovati sulla scogliera Billfrey, che da sulla Slaughter Beach e sull’oceano. Ha presente il posto, no?”
Tyrrell annuì, sapendo che era il classico posto dove le coppiette parcheggiavano per qualche ora. Un posto dove si consumavano amori e tradimenti. Un perfetto campo di caccia per il killer con l’uncino.
Ma che sto pensando, queste storie sono tutte stronzate, pensò il detective.
“Ora inizia la parte incredibile – continuò Jane – io e Peter abbiamo scambiato qualche altra parola, non ricordo cosa di preciso, solite cose di idee per il futuro. Continuava a sembrarmi un ragazzino, mi parlava di avventure e sogni. Ma era proprio questo che lo rendeva attraente. Ci siamo baciati e abbiamo continuato a darci dentro per un po’. Lui toccava parecchio, ma la cosa non mi dava fastidio, anzi. L’unica sensazione che avevo era quella di venire continuamente osservata. Ogni tanto vedevo delle ombre muoversi, ma la sua presenza era… piuttosto rassicurante.”
Jane arrossì visibilmente e si prese un’ampia sorsata di caffè. Tyrrell non si scompose, ansioso che quel racconto arrivasse al dunque.
“Poi ho sentito grattare. Non ci ho badato subito, ma poi mi sono resa conto di quel suono. Era fastidioso, come gesso che stride sulla lavagna. Ho dato un’occhiata in giro, pensando che qualcuno ci stesse spiando, ma non ho visto nessuno. Lui non sembrava aver notato nulla, preso com’era a giocare con le mie tette. Poi ho visto un luccichio provenire da dietro la macchina e ho visto l’uncino. Un fottutissimo uncino incrostato di sangue, infilato al posto della mano destra di una persona come un artiglio.”
“Sei riuscita a vedere questa persona?”
“Sì, me la ricordo bene. Detective, sono sicura che qui partiranno le risate.”
“Parla, Jane.”
“Era vestito da pirata.”
Tyrrell dovette trattenersi per non scoppiarle a ridere in faccia. Era evidente che era uno scherzo, non c’era altra spiegazione. Nemmeno sforzandosi al massimo poteva credere alla storia del killer, ma anche se la leggenda fosse stata vera non sarebbe di certo andato in giro vestito da pirata.
Non poteva essere vero.
Ma il detective ora era troppo incuriosito per mollare di punto in bianco il resoconto della ragazza. Ora voleva sapere tutto.
“Ti ricordi il suo aspetto, oltre che il vestito?”
“Doveva avere tra i quaranta e i cinquant’anni. Aveva un lungo vestito rosso da pirata, con tanto di cappello a tricorno e una sciabola infilata nella cintura. Aveva baffetti neri impomatati e dei riccioli dello stesso colore che arrivavano fino alle spalle. Ricordo la sua espressione, illuminato com’era dalla luna. Feroce come non avevo mai visto, ma allo stesso tempo animata da una cupa soddisfazione.”
“Cosa è successo poi?”
“Ha tentato di aggredire Peter. Ma prima ha detto qualcosa. Non ho capito bene, aveva uno stupido accento inglese, ma suonava molto come finalmente ti ho trovato, canaglia! Si è lanciato sulla macchina e ha distrutto l’imbottitura dei sedili squarciandola con l’uncino. E Peter… beh, lui è saltato via. O meglio, è volato via.”
Tyrrell scosse la testa. Aveva sentito abbastanza.
“Jane, sei sicura di non aver assunto qualche droga questa sera? Forse hanno messo una pastiglia nel tuo bicchiere e non te ne sei resa conto e…”
Jane scattò in piedi sbattendo le mani sul tavolo. Il bicchiere di caffè si rovesciò riversando il liquido bollente per terra.
“Porca puttana, non ho assunto nessuna droga, so cosa ho visto! Forse era uno scherzo, non sto dicendo che non fosse una messinscena, ma quell’uomo con l’uncino c’era davvero! Peter fluttuava ad una spanna da terra, il killer l’ha inseguito nel folto della vegetazione e poi sono spariti, ho sentito solamente dei rumori e delle urla! Io me la sono data a gambe, sono arrivata fin qui caricata da una delle vostre pattuglie e so cosa ho visto! Andate alla scogliera a dare un’occhiata, troverete la macchina di Peter con i sedili squarciati… e probabilmente il suo cadavere.”
Qualcuno bussò alla porta della sala interrogatori. Il detective Jackson si alzò e quando aprì vide l’agente Constance.
“Detective, ci sono i genitori della ragazza.”
“Merda”, borbottò lei.
“Va bene, io con lei ho finito, falla pure portare a casa.”
“Detective, la prego, mi creda…”, supplicò Jane.
“Vai a casa e riposati, Jane. Forse domattina avrai le idee un po’ più chiare. Indipendentemente da quello che mi hai raccontato, abbiamo comunque un caso di persona scomparsa. Indagheremo e se scopriremo qualcosa ti faremo sapere, va bene?”
Jane annuì mestamente. Non era soddisfatta, ma avrebbe dovuto farsi bastare quella promessa. Uscì dalla sala e l’agente Constance la riaccompagnò dai suoi genitori.
Il detective indossò la sua giacca e si diresse fuori da quella sala, dove faceva un caldo opprimente. Quella storia era assurda oltre che essere ridicola, ma il suo intuito gli diceva che la ragazza non stava mentendo. Forse aveva bevuto qualche bicchiere di troppo, ma gli effetti dell’alcol dovevano già essere smaltiti da un pezzo.
Decise che andare a dare un’occhiata al posto non avrebbe fatto male. Salutò Constance e gli disse che sarebbe tornato a casa a recuperare il sonno perduto. Se gli avesse detto la verità, l’unico risultato sarebbe stato quello di coprirsi di ridicolo con i suoi colleghi. Salì in macchina e si diresse verso la Slaughter Beach.
Capitan Uncino e Peter Pan, ma che cazzo mi è saltato in testa?, pensò mentre guidava. Ma la frittata ormai era fatta, non avrebbe dormito fino a che non si fosse convinto che ero solamente lo scherzo stronzo di un gruppo di ragazzini.
Salì guidando lungo la strada tortuosa che conduceva fino in cima alla scogliera e parcheggiò nel primo spazio libero dai cespugli. Prese la torcia che teneva sempre nel cassettino del cruscotto, si assicurò di avere la pistola ben carica e uscì nella notte. Attraversò senza fatica la poca vegetazione che lo separava dallo strapiombo della scogliera, dove gli parve di vedere parcheggiata la decappottabile rossa di cui aveva parlato Jane. Ancor prima della decappottabile però, la sua attenzione venne attirata da uno sfregio molto recente su un albero, causata da quello che poteva essere un singolo colpo di un’arma da taglio.
O da un uncino, pensò.
Quell’indizio lo fece prendere più sul serio la situazione e nervosamente tolse la pistola dalla fondina. Camminò fino all’auto e anche lì vide che la situazione corrispondeva a quella che gli aveva descritto Jane: i sedili in pelle erano in parte squarciati e c’era una profonda incisione nella lamiera sul retro della macchina, vicino ai fanalini.
All’improvviso, Tyrrell udì un coro di voci festanti. Si guardò intorno, ma non vide nulla. Forse il vento che spirava dal mare le faceva sembrare più vicine di quello che erano in realtà. Si avvicinò alla scogliera e osservò con attenzione.
Non è possibile, pensò trattenendo il fiato.
All’ancora proprio al di sotto della scogliera si trovava un immenso galeone pirata, con tanto di Jolly Roger sorridente issato sul pennone. La nave ospitava una ventina di uomini intenti a festeggiare. Alcuni pirati sul cassero suonavano mandolini e chitarre male accordate, danzavano e bevevano boccali e boccali di rum. Legato alla base dell’albero maestro, Tyrrell distinse chiaramente una figura maschile che indossava una camicia verde, accanto ad un’altra adombrata.
Se quello è un galeone pirata, quel Peter è davvero…, pensò, ma non fece in tempo a finire che qualcuno lo afferrò per le spalle. Tyrrell provò a dimenarsi, ma i due uomini (perché si rese conto abbastanza in fretta che erano due e anche piuttosto forti), gli strinsero le braccia e la pistola gli cadde di mano, cadendo giù dalla scogliera.
“Corpo di mille balene, oggi è la nostra giornata fortunata, signor Spugna! – disse uno dei due energumeni che lo teneva stretto – oltre che il ragazzino volante abbiamo trovato un nuovo mozzo per la nave!”
“Quel bastardo di Peter Pan è scappato anche per troppo tempo. Quando il capitano ha saputo che era tornato sulla terra per crescere di qualche anno e divertirsi con le ragazze credeva di essersi levato un problema e invece… che vogliamo farci, Uncino è nostalgico e rimpiange i vecchi tempi. Questa caccia sfrenata è durata parecchi anni e, mi dispiace amico, ma credo che tu ci sia finito in mezzo per caso. Avanti cani rognosi, portatelo dal capitano!!”, disse il famoso braccio destro di Capitan Uncino. Tyrrell lo osservò attentamente. Si sarebbe aspettato un ciccione con una maglia a strisce come in quel cartone animato della Disney, invece lo Spugna che si trovava davanti era un cinquantenne magro e dal viso segnato, con indosso una costosa blusa da nostromo.
Ciò che seguì fu molto confuso. Il detective venne colpito ripetutamente sulla testa e perse i sensi. Quando riaprì gli occhi, si rese conto dopo pochi istanti di trovarsi sul ponte del galeone. Era legato allo stesso albero a cui era legato Peter Pan. Al suo fianco c’era la figura completamente nera che a Tyrrell era sembrata adombrata. Non che avesse sbagliato più di tanto.
La sua ombra, pensò ridacchiando.
Sentiva freddo e vedeva la nave muoversi molto velocemente, anche se non riusciva a sentire il rumore delle onde che si infrangevano sullo scafo.
“Dove siamo?”, chiese con voce flebile.
“Di ritorno a casa. Seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino – disse Peter Pan con voce rassegnata – mi dispiace che tu sia finito in questa situazione. Ti darei una mano, ma mi sembri un po’ troppo vecchio per entrare a far parte dei Bimbi Sperduti. E io sono un po’ troppo legato.”
Tyrrell si guardò intorno. L’equipaggio di Uncino, capeggiato dallo stesso capitano intento a suonare un pregiato clavicembalo, stava ancora festeggiando per la cattura di Peter Pan mentre la nave sfrecciava tra le stelle.
“Poco importa – rispose Tyrrell sorridendo – fare il poliziotto non mi è mai piaciuto.”