martedì 21 settembre 2010

Controllo di Routine


Alle ore 02.13 della notte del 23 dicembre 2007 Frank e Joe avevano appena distrutto a colpi di mazza da baseball il parabrezza di una BMW parcheggiata in un vicolo pulcioso. L’ultimo colpo glielo aveva tirato Frank, riducendo in minuscole schegge di vetroresina ciò che rimaneva di quella macchina. Joe, nel frattempo, aveva appena spaccato i due specchietti retrovisori con il manico di una pala da neve segato alle estremità. La mazza da baseball che maneggiava Frank non era sua, ma del fratello di Joe, ed era di un colore azzurro che sapeva di plastica. L’aveva rubata dalla sua camera prima di uscire di casa, mentre lui stava già dormendo.
“Tipo strano mio fratello – pensava Joe - non ha probabilmente mai visto una partita di baseball in vita sua ma tiene una mazza di quelle professionali appesa in camera. Buon per noi, non mi andava di segare un’altra pala da neve per fabbricarmene una scadente.”
La BMW era del padre di un loro compagno di classe, un secchione di nome Wilbur. Wilbur doveva ad entrambi un bel po’ di grana (qualcosa come un centinaio di dollari) per alcune piccole cose che gli avevano procurato, tipo un bel po’ di fumo tagliato pesantemente con del lucido da scarpe. Sembrava un tipo affidabile, ma alla fine si era rivelato essere un vero stronzo. Non aveva voluto pagare, sebbene Frank e Joe fossero stati piuttosto… “insistenti”. Così ora stavano preparando una bella sorpresa al suo paparino: si sarebbe ritrovato la macchina sfondata, con sulla fiancata un bellissimo graffito che gli avrebbe suggerito quanto piacesse al suo studiosissimo figlio la roba buona. Che grave colpo sarebbe stato per lui! La gioia della sua vita, la luce dei suoi occhi, il suo ragazzo che avrebbe presto frequentato Harvard, sarebbe stato per sempre marchiato come un tossicodipendente. Già, un gran brutto colpo.

“Muoviamo il culo – disse Frank – prima che arrivino gli sbirri.”
Joe non gli rispose neanche. Aveva appena bucato una camera d’aria della macchina con un cacciavite e stava ascoltando il sibilo dell’aria uscire con violenza. Si alzò da terra, con tutta la calma di cui disponeva (ben poca in effetti; Joe sembrava un duro ma queste situazioni non gli andavano particolarmente a genio), e prese a muoversi con passo veloce verso l’auto di Frank. L’avevano lasciata parcheggiata a qualche isolato di distanza, per non destare troppi sospetti. Infilò il manico della pala da neve e il cacciavite nello zaino che si era portato dietro.
“Gli ho disegnato un cazzo sulla fiancata – sghignazzò Frank – già mi immagino le risate. Peccato che non potremo vedere la faccia di Wilbur fino al ritorno a scuola.”
“Già, a proposito, che regalo hai chiesto a Babbo Natale?”, disse Joe.
“Che tu vada a farti fottere.” Rispose Frank.

Alle ore 02.29 avevano raggiunto la macchina di Frank. Entrarono entrambi nella piccola utilitaria blu e Frank mise in moto. Quando uscirono dal parcheggio e raggiunsero la strada, Joe, nonostante il freddo della notte invernale, abbassò il finestrino e si accese una sigaretta.
“Chiudi quella merda!”, sbraitò Frank.
Joe non si mosse e continuò a fumare in silenzio.
“Ti ho detto di chiudere quella merda!”, gli urlò nuovamente Frank girandosi con la testa verso di lui.
Joe si limitò a guardarlo negli occhi con la sigaretta accesa tra le labbra. Vedendo gli occhi di Frank però, decise che era il caso di fare come aveva detto. Gliel’aveva già visto quello sguardo, lo aveva chiamato “Lo Sguardo Omicida di Frank”. Quando lo faceva, era il caso di ascoltarlo se non si voleva essere pesantemente pestati.
Joe chiuse il finestrino.
“Bravo”, disse Frank con calma, e rivolse nuovamente lo sguardo davanti a sé.

Durante il viaggio in macchina, entrambi si dettero una calmata. L’adrenalina che gli aveva pervasi mentre stavano sfasciando la BMW del padre di Wilbur se ne stava lentamente andando. Entrambi ora si sentivano stanchi ma appagati, come poco dopo una bella scopata. Joe era sicuro che Frank fosse più soddisfatto di lui. Lui odiava le BMW. “Macchine da ricchi bastardi” le definiva. Il pensiero che esistessero centinaia di altre automobili più costose delle BMW non sembrava minimamente attraversarlo. Lui odiava le BMW, punto. Proprio mentre Joe, fumando, stava pensando a questo, Frank si cacciò in testa il suo cappello da cowboy. Andava fiero di quel cappello, nessuno glielo poteva toccare senza ricevere lo Sguardo Omicida di Frank. Nessuno aveva il coraggio di dirgli che con quel cappello era ridicolo. Joe lo guardò senza dire niente, aprì uno spiraglio nel finestrino e butto via il mozzicone di sigaretta.
“Che facciamo Joe? – chiese Frank – io comincio ad avere sonno.”
“Mh. Buona idea direi. Almeno possiamo anche avere un alibi, nel caso servisse”, gli rispose Joe.
“Che cazzo stai dicendo? – gridò – di che cazzo di alibi parli? Noi eravamo qui.”
“Lo so. Ma questo non deve saperlo nessun altro. Noi stasera siamo stati a casa, buoni come dei manichini”, disse Joe.
Frank sghignazzò. In effetti sghignazzò anche Joe. Il suono proveniente dall’interno della piccola utilitaria blu sarebbe risultato piuttosto inquietante per qualcuno proveniente da fuori. Nessuno dei due realizzò che la piccola conversazione che avevano avuto era totalmente priva di un qualsiasi significato logico.

La famiglia di Wilbur viveva in centro città. Frank e Joe invece più in periferia. Erano praticamente vicini di casa, da piccoli giocavano a palla assieme e si picchiavano spesso. Dopo una rissa furiosa in cui Joe era uscito con il naso sanguinante e Frank con un occhio nero, erano diventato amici per la pelle. Ad ogni modo, con il poco traffico della notte non era un viaggio lunghissimo, ma la poca adrenalina che ancora circolava dentro di loro gli imponeva di correre. Inoltre la macchina di Frank aveva il tachimetro rotto e segnava sempre le zero miglia orarie. Come diceva Frank “Sta incitandomi ad andare più veloce”.
Sorpassarono una macchina ad alta velocità, un fuoristrada che stava procedendo piuttosto lento.
“Levati dalla strada, coglione!”, urlò Joe.
Entrambi gemettero quando videro dallo specchietto retrovisore una luce intermittente blu accendersi all’interno del fuoristrada.
“Merda. Ci mancavano anche gli sbirri! – urlò Frank – Joe, che cazzo facciamo? Scappiamo?”
“Che cazzo dici imbecille, sei impazzito del tutto? – gli rispose Joe – quel tizio non può sapere che abbiamo appena sfasciato una macchina, non può saperlo e basta. Al limite ti affibbia una multa perché stai correndo troppo. Non sei neanche ubriaco stasera, non ti preoccupare. Accosta appena puoi.”
“Sei sicuro Joe?”, supplicò Frank.
“Sì che sono sicuro. Ora fermati”, disse Joe autoritario.
Il fuoristrada dietro di loro fece gli abbaglianti.

Trovarono un punto in cui accostare in un brutto quartiere della città. Era composto perlopiù da palazzi disabitati o in costruzione. Molti erano invasi da vagabondi o drogati. Bel posto, pensò Joe. Il fuoristrada della polizia si fermò un paio di metri dietro di loro. Frank e Joe rimasero ai loro posti e osservarono dagli specchietti l’uomo che era uscito. Aveva un abbigliamento da sceriffo, con un cappello da cowboy simile a quello di Frank e due pistole di grosso calibro legate alla cintura. La stella di latta era in bella mostra sulla camicia beige.
“Cristo – mormorò Joe – ci siamo pure beccati Walker Texas Ranger.”
Il poliziotto si fermò fuori dalla macchina, dal lato del guidatore, e Frank abbassò lentamente il finestrino. Nessuno dei due riuscì a guardarlo in faccia, perché subito l’uomo fece entrare nell’abitacolo il fascio di luce di una torcia, abbagliandoli. Li scrutò per qualche secondo, poi parlò.
“Stavate andando un po’ troppo veloce ragazzi”, disse.
“Signore… - mormorò Frank – è tardi… volevamo solo andare a casa e farci una dormita.”
“Sì, posso immaginare – rispose il poliziotto – a quest’ora tutte le brave persone dovrebbero essere a letto. Voi siete brave persone, ragazzi?”
“Sì signore”, rispose Frank.
“Allora che ci fate ancora in piedi? – disse con fare lugubre il poliziotto – Avete per caso bevuto?”
“No, no signore, non abbiamo bevuto”, disse Joe, con voce più sicura di quella di Frank.
Il poliziotto gli puntò il fascio di luce in faccia, e li scrutò per qualche secondo che ai due ragazzi parse interminabile.
“Uscite dalla macchina ragazzi – disse infine – vediamo subito se non avete bevuto.”
Frank e Joe uscirono dall’auto con fare piuttosto svogliato. Ora riuscirono a vedere bene in volto il poliziotto: era rugoso, ma non vecchio, e sembrava avere la pelle abbronzata. Proprio un Walker Texas Ranger. I due si misero davanti al poliziotto, attendendo qualche sua parola.
“Tu – disse il poliziotto rivolgendosi a Frank – cammina in linea retta.”
Frank, sbuffando, lo fece. Fortunatamente avevano deciso di non bere quella sera, altrimenti sarebbero stati nella merda fino al collo. Quando finì, Frank si voltò verso il poliziotto.
“Bene – disse il poliziotto – ora dì l’alfabeto.”
“A… B… C…”, iniziò Frank.
“Al contrario”, rispose il poliziotto.
“Z… Y… X…”, sbuffò Frank.
“Va bene – disse infine il poliziotto – abbiamo constatato che non siete ubriachi”.
Poi si rivolse a Joe.
“Tu – disse – apri il bagagliaio.”
“Signore… - gli disse Joe – siamo stanchi, vorremmo solo andare a casa…”
“Ti ho detto di aprire il bagagliaio, piccolo stronzo! – urlò il poliziotto, sfogando tutta la rabbia repressa fin’ora – sono io l’autorità qui! Apri quel cazzo di bagagliaio o passerai la notte peggiore della tua vita!”
Joe, terrorizzato, si diresse verso il bagagliaio e lo aprì senza neanche pensare a quello che conteneva: i loro zaini, che a loro volta contenevano le armi con cui avevano sfasciato una macchina. Il poliziotto ci puntò la torcia dentro.
“Che contengono quelli? – chiese – droga forse?”
“No signore, niente droga”, rispose terrorizzato Frank.
“No, non mi sembrate i tipi da droga voi. Non avete le facce da drogati – disse – avete semplicemente le facce da stronzi.”
Ficcò una mano dentro il bagagliaio e prese lo zaino di Joe. Dapprima lo soppesò solamente, poi lo aprì e ci guardò dentro sorridendo.
“Bene bene… - disse lui – credo che questa sia la mia notte fortunata.”
“Signore, non è come pensa…”, iniziò Joe.
“Salite sulla mia macchina”, rispose lui autoritario.
“Signore…”, disse Frank.
“SALITE-SULLA-MIA-MACCHINA-O-VI-AMMAZZO-LI-DOVE-SIETE!”, urlò estraendo uno dei due revolver e puntandolo addosso ai due.
Frank e Joe non poterono fare nient’altro. Con una pistola puntata addosso, salirono terrorizzati sul sedile posteriore del fuoristrada.

Il poliziotto guidava in silenzio. Frank e Joe erano anche loro in silenzio, separati dal poliziotto da una grata metallica. Il tutore della legge aveva preso entrambi i loro zaini e li aveva infilati nel bagagliaio del suo fuoristrada, poi aveva messo in moto.
Trascorsero diversi minuti silenziosi in cui Frank e Joe non riuscirono nemmeno a guardarsi negli occhi.
Infine Joe ebbe il coraggio di parlare.
“Signore… cosa ci succederà ora?”
Il poliziotto rimase in silenzio.
“Signore?”, bisbigliò Joe.
“Quando guido voglio silenzio”, disse il poliziotto. Nessuno disse più niente fino a che non arrivarono al commissariato.

O perlomeno, passarono davanti al commissariato. Il poliziotto, che aveva spento la sirena, ci passò davanti e proseguì oltre. Frank e Joe si guardarono terrorizzati.
“Signore… dove ci sta portando?”, disse Frank, che aveva improvvisamente perso tutta la sua grinta.
Il poliziotto non rispose e continuò a guidare muovendo la testa su e giù, come se stesse ascoltando una canzone nella sua mente.
“Signore? Abbiamo già oltrepassato il commissariato, dove ci sta portando?”, disse nuovamente Frank.
“Testa di cazzo, ho detto che mentre guido voglio SILENZIO. Riesci a comprendere questo termine? SILENZIO. Se ti sento fiatare una sola altra volta passerai una nottata peggiore di quella che già ti aspetta.”
Il terrore si impossessò di Frank e Joe.

Alle ore 03.16 i due ragazzi erano stati legati a due vecchie sedie da giardino ed imbavagliati. Il poliziotto li aveva portati fuori città, in una fattoria abbandonata che sembrava conoscere molto bene, e puntandogli le pistole addosso li aveva cortesemente invitati ad entrare in casa. Frank aveva provato a reagire voltandosi verso di lui, e come tutta risposta si era beccato il calcio della pistola sulla fronte. Joe era stato poi obbligato a trascinarlo in casa mentre perdeva sangue dalla fronte, sempre sotto lo sguardo vigile del poliziotto. Una volta dentro, il poliziotto gli aveva dato una corda e gli aveva detto di legare saldamente Frank ad una sedia. Joe l’aveva fatto e aveva usato i migliori nodi che aveva imparato a fare agli scout, terrorizzato dal fatto che il poliziotto avrebbe potuto sparargli da un momento all’altro. Finito il lavoro, il poliziotto aveva legato lui.
Ora l’uomo dalla faccia rugosa sedeva di fronte a loro, su un’altra sedia da giardino. Aveva rimesso entrambe le pistole nella fondina, ma aveva comunque un’aria minacciosa in volto. Frank era ora cosciente, leggermente stordito, ma cosciente. Perdeva ancora sangue da uno zigomo.
Il poliziotto li scrutò per qualche istante, poi si alzò e tolse il bavaglio di entrambi. Frank si lasciò sfuggire un gemito.
“Prima di tutto ragazzi – iniziò il poliziotto – vi informo che siamo in aperta campagna. La fattoria più vicina dista quasi un miglio, quindi è inutile che vi mettiate ad urlare. Non c’è nessuno a cui chiedere aiuto.”
I due lo fissarono. Joe non poteva vederlo, ma era sicuro che Frank si stesse esibendo nello Sguardo Omicida di Frank.
Il poliziotto prese lo zaino di Frank, lo aprì ed estrasse la mazza da baseball. La poggiò davanti a sé, a terra. Stessa cosa fece con quello di Joe, poggiando a terra il manico della pala da neve e il cacciavite. Li scrutò per qualche istante, poi andò verso Frank e gli sganciò il mazzo di chiavi dalla cintura. Esaminò una per una le varie chiavi che vi erano appese, poi quando ne vide una sorrise. In quel momento, Joe venne colto da una strana sensazione. Il poliziotto buttò a terra anche il mazzo di chiavi di Frank, poi si rimise a sedere.
“Che cosa avete fatto, ragazzi? – disse il poliziotto con voce calma – avete distrutto una macchina?”
Nessuno dei due rispose.
“Siete pregati di rispondermi”, disse con voce calma il poliziotto.
“Sì, l’abbiamo fatto – rispose Frank – il figlio del proprietario dell’auto ci doveva dei soldi ma non voleva darceli.”
“Sono perfettamente sicuro che poteva essere trovato un metodo migliore per farsi ridare questi soldi – disse il poliziotto – è illegale distruggere proprietà altrui senza permesso.”
“Lo sappiamo signore – disse Joe, con un barlume di speranza – abbiamo imparato la lezione signore, e ci prenderemo le nostre responsabilità. Ma per favore, la smetta con questo gioco sadico!”
“Gioco sadico? – sghignazzò il poliziotto – ma quale gioco sadico! Io sono qui per impartirvi la giusta punizione!”
Rise di gusto, e fu orribile. Sì alzò poi di fretta dalla sedia e rimise il bavaglio ad entrambi.
“Vediamo un po’ – disse, esaminando gli attrezzi con cui Frank e Joe avevano distrutto la BMW – come potreste averla ridotta? Beh, di sicuro l’avrete bastonata”, disse prendendo la mazza da baseball blu.
“Sì, certo, di sicuro… con colpi come questo”, colpì Frank con la mazza, in pieno stomaco. Frank ebbe un conato di vomito, Joe tentò di urlare. Il pestaggio di Frank proseguì, mentre entrambi i ragazzi mugugnavano per i bavagli che li tenevano stretti. Poi il poliziotto passò a Joe. Venne pestato anche lui, mentre Frank si riempiva di lividi violacei e il sangue che gli usciva dal naso e dalle orecchie colava sul pavimento. Svennero entrambi dopo pochi istanti.

Quando Joe riaprì gli occhi, non vide più Frank. La sedia al suo fianco era semplicemente vuota. Lui però era ancora legato e il poliziotto era ancora davanti a lui. I vari attrezzi erano appoggiati a terra. Il cacciavite era sporco di sangue. Joe tentò di urlare, il poliziotto gli rise in faccia.
“Se entrambi foste delle automobili, il tuo amico sarebbe un automobile di classe. Ci è voluto parecchio prima di rottamarla. Vedi, eravate entrambi svenuti, ma il tuo amico si è ripreso molto prima. Con lui ho già finito da un pezzo. Ora tocca a te, che sei solo un’utilitaria.”
Il volto di Joe era una maschera di orrore.
“Farò in fretta con te. Devo essere a casa all’alba, e manca davvero poco.”
Il poliziotto raccolse il mazzo di chiavi da terra.
“Vedi, se c’è qualcosa che non sopporto nei giovani, è quando rigano le macchine con le chiavi – disse con voce ferma – non capisco perché rovinare una macchina di uno sconosciuto in questo modo. Specialmente odio quelli che ci disegnano sopra, capisci? A nessuno fa piacere trovarsi un cazzo disegnato sulla macchina.”
Si alzò e strappò via la maglietta di Joe. Il ragazzo provò a dimenarsi, ma riuscì soltanto a far rovesciare la sedia per terra. Il poliziotto rise e gli strappò via i vestiti lasciandolo a torso nudo. Joe per poco non svenne per il terrore quando sentì premersi una chiave contro il torace. Dopo poco il dolore divenne insostenibile e Joe sentì che la sua carne veniva tagliata via. Tentò di imprecare, tentò di chiamare aiuto, ma in cuor suo sapeva perfettamente che era tutto inutile. Passarono più di dieci minuti, poi il poliziotto si tolse da sopra di lui e rialzò la sua sedia. Rise.
“Oh, ti ho rovinato la carrozzeria, ma che peccato – rise – ti conviene farti fare una riverniciatura.”
Joe aveva il disegno stilizzato di un cazzo inciso a fondo nel torace. Ormai non riusciva più neanche ad urlare.
“Sono sicuro che dopo gli avrete anche sgonfiato le gomme, a quel povero cristo. Come fa una macchina a camminare senza gomme?”
Estrasse uno dei due revolver e sparò alle gambe di Joe, all’altezza delle ginocchia. Joe emise delle urla potenti per qualche istante, ma poi si accasciò nuovamente. Era svenuto ancora.
“Tsk. Odio quando alle macchine finisce la batteria – disse il poliziotto – questa poi, non regge proprio. È da rottamare.”
Sollevò nuovamente la pistola e piantò una pallottola nella testa di Joe.

Alle ore 07.14, il poliziotto rincasò. La nottata era stata piuttosto stressante. Odiava avere a che fare con dei ragazzini. Quando rientrò in casa, suo figlio Wilbur gli corse incontro.
“Papà! Hai visto? Qualche bastardo ha sfasciato la tua macchina! L’ha ridotta a pezzi!”
“Non ti preoccupare Wilbur – disse il poliziotto – nella ronda di questa notte ho trovato i colpevoli. È tutto sistemato. Lo sai che la polizia aggiusta sempre le cose.”
Wilbur sorrise.
“Avanti Wilbur – disse il poliziotto – aiutami a scegliere una nuova auto.”

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