giovedì 23 settembre 2010

La Caccia


Il cielo, grigio e nuvoloso, era illuminato da lampi. Una sottile pioggia stava scendendo dal cielo, dritta come le mura di una fortezza. Da dove si trovava, Dolkas vedeva solo una pianura riarsa, del colore della ruggine, che si stendeva per chilometri in ogni direzione. Nonostante la fitta pioggia, non tirava un filo di vento. Certo il panorama non era dei migliori, ma da quel punto rialzato la visuale era notevole: era possibile vedere qualsiasi cosa in movimento nel raggio di diversi chilometri. Dolkas stava aspettando notizie da Glaazir, sua compagna d’arme che era andata in ricognizione. Era via ormai da diverse ore e Dolkas stava cominciando a preoccuparsi: se le fosse successo qualcosa? Se una delle pantere purpuree che stavano cercando le avesse teso un agguato? Dolkas scosse la testa, cercando di scacciare questi pensieri, ma qualcosa ci pensò al posto suo.
«Ehi capo… Qui sto cominciando a infradiciarmi troppo… penso che mi stia venendo un raffreddore…».
Dolkas si girò verso la creatura che aveva parlato. Krissenap era un goblin alto poco più di un metro, dal malsano colorito verde e dallo sguardo malefico. Era eccessivamente scheletrico anche per la sua razza, ed i denti giallastri e gli occhi infossati non lo rendevano esattamente una creatura dall’aria affidabile.
«Cosa?» pronunciò Dolkas, fissandolo con rabbia. Krissenap non sembrò cogliere lo sguardo e continuò il suo lamento sibillino come se stesse ricevendo il massimo dell’attenzione.
«Capo, ti sto dicendo che siamo sotto la pioggia da quasi due ore, Glaazir sembra essere scomparsa nel nulla e qui ci stiamo prendendo entrambi qualche brutta malattia. Inoltre il vecchio Goz sembra essere piuttosto stanco» e nel dire questa frase tirò una leggera pacca alla roccia su cui era seduto, che sembrò quasi vibrare per un attimo.
Dolkas cercò di far sbollire l’ira e rispose con tutta la tranquillità di cui disponeva. Ovviamente, ben poca. «Glaazir tornerà. È sempre tornata fin’ora e non vedo perché qualcosa dovrebbe andare storto. E poi Goz non mi sembra proprio il tipo che si stanca facilmente». Un leggero mugugno si levò dalla roccia su cui era seduto Krissenap.
«Oh capo, andiamo! Ho solo bisogno di un po’ di riposo, tutto qui! Sono quasi dodici ore che stiamo seguendo le tracce di quello stupido branco ma non ne abbiamo ancora trovato un esemplare! Sono stufo, stufo e arcistufo! Glaazir è via da due ore, non era mai stata via così tanto in vita sua! Avrà beccato una di quelle dannate pantere e ora sarà diventata la sua cena…» il goblin non fece in tempo a finire la frase perché una manata di Dolkas gli arrivò in pieno volto.
«Ora stammi a sentire topastro verde – lo apostrofò Dolkas – io mi fido ciecamente di Glaazir e delle sue capacità. Se non è ancora tornata è perché probabilmente ha avuto un contrattempo ma che è di sicuro riuscita a risolvere. Sono sicuro che sarà qui a momenti.»
«Sono già qui» gli rispose una voce. Dolkas e Krissenap si voltarono verso il sentiero roccioso giusto per vedere la mezzorchessa muoversi a passo furtivo verso di loro. Glaazir era una donna alta quasi un metro e novanta e dai lunghi capelli neri. Poteva essere considerata bella anche da un essere umano come Dolkas: spalle robuste, forme sinuose, un naso leggermente aquilino e gli occhi dallo strano colorito dorato. Le uniche particolarità che tradivano la sua eredità orchesca erano la pelle verdastra e i canini più pronunciati del normale. In questo momento stava tenendo la sua spada con la punta poggiata a terra, per aiutarsi nella ripida camminata, e aveva un piccolo taglio ancora sanguinante sulla guancia sinistra. La sua armatura di cuoio bollito era stracciata in più punti.
«Oh, finalmente sei arrivata – gridò Krissenap con la sua vocina stridula – si può sapere dove ti eri cacciata? Ti abbiamo cercata ovunque, ovunque! Hai trovato le pantere? Goz ha voglia di picchiare qualcosa, si, tanta voglia!»
«Sono felice che tu ti sia preoccupata per me, Krissenap» sospirò lei.
«Cosa è successo, Glaazir?» disse allora Dolkas.
«Ho seguito le tracce delle pantere. C’è una caverna sotterranea a pochi chilometri da qui, sembra che si siano dirette laggiù. Ho dato un’occhiata all’interno e aveva tutta l’aria di una nidiata»
«Hai visto solo pantere?» la incalzò Dolkas. Glaazir viaggiava con il gruppo solo da pochi mesi e Dolkas stava ancora cercando di metterla alla prova in tutti i modi: la mandava a fare ricognizioni, le dava qualsiasi genere di ordine e ovviamente i turni di guardia più pesanti spettavano a lei. Glaazir sembrava sopportare tutto questo in silenzio, come se fosse stata abituata a fare lavori ben più pesanti. Di sicuro era uno dei migliori elementi che il gruppo avesse mai avuto, specialmente come segugio. Dolkas era giunto alla conclusione che poteva fidarsi di lei, ma metterla sotto pressione un altro po’ non avrebbe di certo fatto male. E comunque, era impensabile affidare i turni di guardia a qualcuno di inaffidabile come Krissenap.
«Una dozzina di pantere, ma nella caverna c’erano anche tracce di demoni della criniera. Prima di appurare la cosa ho preferito tornare indietro a riferire, avevo già rischiato troppo» Dolkas la fissò per qualche istante in volto, concentrandosi soprattutto sul taglio che aveva sulla guancia.
«Ah, questo… Quando ho tentato di uscire dalla tana le pantere mi hanno bloccato. Non mi hanno visto, ma ho dovuto cercare un’altra uscita. Sono passata attraverso una serie di condotti e un imp mi ha aggredito. Sono riuscita a farlo fuori prima che urlasse troppo»
«Hai preso la testa?» stridette Krissenap.
Glaazir si limitò a lanciare un fagotto verso il goblin. Subito lui si avventò sull’involto e ne estrasse una piccola testa ancora sanguinante: era simile a quella di un goblin, ma molto più piccola, e al posto del verde aveva un malsano colorito nerastro.
«Bene, bene… Questa ci frutterà qualche spicciolo… per arrotondare i guadagni» Krissenap non fece in tempo a finire la frase che estrasse un coltello dalla cintola e si mise a togliere la pelle dal cranio dell’imp.
Dolkas lo fissò per qualche istante, poi si rivolse nuovamente a Glaazir «Hai detto che c’era un condotto secondario. Possiamo strisciare da lì e tendere una bella sorpresa alle pantere…»
«Impossibile – lo interrompette subito Glaazir – sono condotti molto stretti. Noi due possiamo anche passarci, ma per Goz è fuori discussione.»
Di nuovo la roccia su cui era seduto il goblin vibrò con violenza. Krissenap gli tirò una sberla «Sta fermo Goz! Mi fai fare danni a questo bel teschio!»
«Allora faremo così – ricominciò a parlare Dolkas – io e te passeremo per quel condotto e ci nasconderemo, mentre Krissenap e Goz passeranno dall’entrata principale causando un diversivo.»
«Cosa? Capo, sei impazzito? – stridette il piccolo goblin, lanciando via il teschio che aveva appena finito di scarnificare – Hai sentito cosa ha detto Glaazir? Una dozzina di pantere e addirittura dei leoni della criniera! Goz non se la sente di fare qualcosa di simile» questa volta, la roccia su cui il goblin era seduto non si mosse.
Dolkas si allontanò di qualche passo, in direzione del teschio che Krissenap aveva lanciato via. Quando lo trovò, si inginocchiò e lo raccolse «Non dovresti trattare così il denaro, Krissenap» disse sogghignando, ignorando totalmente le parole del goblin. Glaazir emise una risatina.
«Oh, andiamo capo! Non puoi farmi fare una cosa del genere…» supplicò Krissenap, guardando Dolkas con lo sguardo più carico di supplica che poteva esibire. Ma lo sguardo dell’umano non ispirava la benché minima compassione.
«Ho capito, ho capito! – urlò Krissenap, sbuffando mentre afferrava delle redini che sembravano essere attaccate alla roccia su cui era seduto tramite due grossi chiodi – svegliati vecchio mio… è ora di andare in guerra.»
Il golem di pietra si alzò lentamente e solo una parola fuoriuscì dalla sua bocca: «Guerra.»

Dopo pochi minuti, il quartetto si stava dirigendo verso la pianura, guidati da Glaazir. Tutti, ad eccezione di Goz, indossavano dei lunghi mantelli color ruggine, esattamente come il terreno. La pioggia continuava a scrosciare fitta.
Ogni tanto Glaazir lanciava un’occhiata di sfuggita a Dolkas. Era un umano piuttosto basso (lei lo superava addirittura di una spanna), dallo sguardo freddo e duro. I suoi occhi erano del colore del ghiaccio e portava lunghi capelli castani che gli arrivavano fino a metà schiena ed una corta barba ben curata. Indossava una pesante armatura di piastre che copriva quasi completamente il suo corpo muscoloso e solcato da cicatrici, ed un grosso scudo con l’emblema di un’aquila dorata era legato al suo avambraccio sinistro. Legato dietro la schiena portava un grosso tridente d’acciaio temprato. Il suo sguardo in questo momento era fisso nel vuoto e stava seguendo stancamente i passi di Glaazir.
Krissenap e Goz erano una decina di metri indietro. Come suo solito, Krissenap restava seduto a cavalcioni sulle spalle curve del golem tenendosi stretto alle redini. Non che ne avesse bisogno ovviamente: il golem eseguiva gli ordini semplicemente impartendoglieli. Krissenap le aveva raccontato che lo avevano trovato anni prima su queste terre, perfettamente immobile in mezzo a una vallata. Quando si erano avvicinato e il goblin aveva aperto bocca, Goz si era semplicemente messo a seguirlo. Da quel momento, solo il goblin è riuscito a impartigli ordini: ne lei ne Dolkas sarebbero riusciti a fargli fare qualcosa se non ci fosse stato il goblin a fare da portavoce. Nessuno di loro sapeva se Goz fosse una creatura intelligente o no: in questi anni non l’aveva mai dimostrato, limitandosi ad eseguire semplicemente gli ordini di Krissenap ed emettendo qualche parola ogni tanto. Mai niente di concreto, ovviamente.
«Ci siamo quasi – sussurrò Glaazir – vedete quel costone di roccia? Laggiù c’è l’entrata principale della tana. Il condotto da cui sono fuoriuscita invece è lassù» Glaazir indicò col dito il punto più alto del costone di roccia. Era effettivamente possibile vedere un piccolo buco nella roccia ed uno stretto sentiero per arrivarci.
«Quanto ci vuole una volta entrati nel condotto per arrivare alla tana?» le chiese Dolkas.
«Cinque minuti al massimo – rispose lei – se non troviamo altri imp, che sia ovvio. Potrebbero essercene molti.»
Dolkas fissò l’entrata principale della caverna, facendo alcuni rapidi calcoli mentali.
«Bene, allora il piano è questo: Krissenap, tu e Goz rimanete qui. Quando ci vedrai entrare nel condotto secondario comincia ad avanzare verso la caverna. Una volta che sarai nei paraggi, inizia a fare tutto il rumore possibile. Sono sicuro che ne sei capace» Dolkas sogghignò.
«E poi capo?» piagnucolò il goblin.
«Poi semplicemente dovrai cercare di farne fuori il più possibile. Noi per quel momento dovremmo già essere dentro la caverna e attaccheremo nelle retrovie. Cerca di non farti ammazzare, capito?»
«Tranquillo capo – sogghignò Krissenap, slacciandosi dal fianco una corta spada – Goz baderà a me. E se non sarà abbastanza, gli darò una mano anche io» il goblin non sembrava molto convinto di quello che diceva, ma Dolkas non ci badò. Si limitò semplicemente a fissare Glaazir e insieme si incamminarono verso il costone di roccia.

Dolkas e Glaazir stavano ormai percorrendo lo stretto sentiero che portava al condotto secondario della tana, armi in pugno. Riuscivano a malapena a scorgere il possente Goz in lontananza, ma ciò non era importante. Bastava che lui scorgesse loro. Arrivarono infine alla stretta entrata del passaggio: Dolkas doveva inginocchiarsi per riuscire ad entrare. Non aveva idea di come avesse fatto ad uscire da lì Glaazir, notevolmente più grossa di lui.
«Il condotto prosegue in piano per circa trenta metri, poi c’è un grosso dislivello verso il basso. Stacci attento, lì dentro è parecchio buio» Dolkas fissò Glaazir con invidia. L’eredità orchesca le garantiva, oltre ad una certa resistenza fisica, la capacità di vedere bene anche in caso di pessima illuminazione. E li dentro c’era un buio innaturale.
«Forse è meglio che vada avanti tu, tigre» la apostrofò Dolkas. Glaazir prese l’insulto come un complimento e si limitò a fare una risatina. Insieme si inoltrarono all’interno dello stretto passaggio. Dopo pochi passi il condotto si allargava notevolmente e Dolkas potette rialzarsi in piedi. Glaazir doveva ancora camminare con la schiena curva, ma a parte ciò non sembrava molto impedita nei movimenti, e procedeva andando diritto con spada in pugno. La spada era notevolmente grande, ma Glaazir non era certo priva di muscoli e, a differenza delle persone più deboli, riusciva ad utilizzare la spada con una mano sola. Aveva anche un piccolo scudo di legno legato all’avambraccio sinistro: era rivestito di pelle bollita e decorato con piccole punte ossee e sembrava aver preso numerosi colpi durante la sua vita. Nonostante il buio del passaggio, entrambi procedevano con cupa determinazione.
Dopo parecchi metri di cammino, il condotto precipitava verso il basso, in una piccola caverna. Una corda di canapa era legata ad uno spunzone di roccia. Dolkas fissò la corda con sguardo interrogativo, ma Glaazir subito gli lanciò un’occhiata facendogli capire che l’aveva messa lei prima. Entrambi scesero scivolando giù dalla corda per una decina di metri, con la mezzorchessa in prima linea. Dolkas riusciva a percepire solo il buio: la debole luce che proveniva da fuori non arrivava così tanto in profondità e lui si trovò nella più completa oscurità. «Nella caverna principale si vede meglio – sussurrò Glaazir – attaccati a me e occhio a dove metti i piedi» nel dire ciò, la mezzorchessa prese la mano di Dolkas e se la mise sulla spalla. Avanzarono nella piccola caverna per pochi metri, quando qualcosa alla loro destra fece rumore. Glaazir subito si volto e vide che una piccola pietra si era staccata rotolando giù per una delle pareti della caverna: nient’altro sembrava muoversi.
«Cos’è stato?» le sussurrò Dolkas all’orecchio. «Potremmo avere compagnia – sussurrò lei a sua volta – tira fuori il tuo tridente e cerca di fare meno rumore possibile.»
Glaazir non fece in tempo a finire la frase che qualcosa le piombò addosso. Fortunatamente riuscì a non urlare, ma Dolkas saltò indietro emettendo notevoli scricchiolii con la sua corazza. Glaazir vedeva benissimo cosa le era piombato contro: un essere simile ad un goblin, ma molto più piccolo, nudo e dalla pelle nerastra. Si trovava contro ad un imp. Mentre Dolkas scrutava in giro cercando di scorgere qualcosa nell’oscurità, Glaazir afferrò l’imp che le era saltato addosso e cercò di staccarselo dalla faccia, mentre l’essere le aveva afferrato la faccia con gli artigli. Lo afferrò per il fragile busto e tirò con tutte le sue forze, mentre i letali artigli dell’imp le graffiavano il volto. La mezzorchessa era notevolmente più forte della creatura e riuscì a strapparsela dal volto e a scagliarla a molti metri di distanza. Un coro di guaiti si levò tutt’intorno ai due combattenti.
«Dannazione – pensò Dolkas – spero che Krissenap sappia cavarsela da solo per un po’.»

La pioggia continuava a cadere incessante e Krissenap e Goz stavano viaggiando piuttosto lentamente verso l’entrata della caverna. Krissenap fissava il buio ingresso a poche centinaia di metri di distanza. Goz, ovviamente, non diceva una parola.
«Merda… qui ci rimango secco – piagnucolò il goblin – Goz… mi raccomando. Il tuo compito è quello di difendermi, capito? Di-fen-der-mi.»
«Difendere. Guerra.» rispose il golem con voce meccanica.
«Bravo, vedo che hai capito» sussurrò Krissenap dandogli una pacca sulla testa. Mentre Goz continuava ad avanzare con passo inesorabile, l’insicuro goblin estrasse da una grossa sacca una cintura piena di coltelli da lancio e la indossò, stringendo le cinghie nervosamente. Estrasse uno dei coltelli e si punse il mignolo della mano sinistra, facendo fuoriuscire qualche goccia di sangue. Si passò il dito sanguinante sotto gli occhi, lasciando due linee di sangue ancora gocciolante sulle guance e infine si mise il dito in bocca iniziando a succhiarne il sangue. Goz era ormai arrivato davanti all’entrata della tana.
«Ci siamo amico… tieniti pronto – sussurrò il goblin al suo grosso compagno – Voi di casa! - si mise ad urlare con tutto il fiato di cui disponeva – c’è nessuno la dentro?» dalla caverna non proveniva nessuna risposta.
«Forza Goz, batti un po’ i piedi! Fai rumore!» e il golem si mise a saltare. Ogni volta che atterrava, il povero goblin veniva quasi scagliato via dalla sua schiena e un forte schianto si levava in ogni direzione.
«Basta Goz, fermati – implorò Krissenap – forse Glaazir si è sbagliata e qui dentro non c’è niente… Forse dovremmo andare a vedere, cosa ne dici?» il golem non rispose, ma iniziò ad avanzare con il suo solito passo lento. Entrarono nella tana ed il buio li avvolse quasi subito, nonostante Krissenap potesse vedere piuttosto bene anche in scarsità di luce. La caverna era piuttosto ampia, con numerose stalattiti che pendevano dal soffitto. Alcune gocce d’acqua, forse infiltrazioni causate dalla pioggia che continuava a scendere impetuosa, cadevano dal soffitto producendo una strana sinfonia di rumori. Sembrava che non ci fosse anima viva.
«C’è nessuno? – stridette il goblin – Dolkas? Glaazir? Dove siete?» nessuna risposta.
«Evidentemente Glaazir si è sbagliata – sospirò il goblin – forza Goz, torniamo fuori e aspettiamoli…» in quel momento, due occhi gialli si accesero nell’oscurità, fissando il goblin con rabbia. «Goz… qui siamo nella merda.»

Nei condotti superiori, dove si trovavano Dolkas e Glaazir, la battaglia stava infuriando. I due guerrieri si erano trovati circondati da un grosso numero di imp, che si erano scagliati come un sol uomo verso di loro brandendo bastoni e sassi, mentre qualcun altro contava semplicemente sulla resistenza dei suoi artigli. I loro versi sembravano simili ai guaiti di un cane e stavano rimbombando per tutte le caverne, causando un frastuono infernale.
Glaazir si trovava in questo momento circondata da una mezza dozzina di quelle creature ringhianti. Una di esse tentò di lanciarle la roccia che aveva in mano ma a Glaazir bastò semplicemente alzare lo scudo per pararsi da quel debole colpo. Uno degli imp le si scagliò contro brandendo un bastone ma anche in quel caso, la difesa fu estremamente semplice: Glaazir puntò semplicemente la sua spada bastarda contro di lui e l’inetta creatura ci si lanciò contro finendo infilzato. Gli imp non brillavano certo per intelligenza, questo era ovvio. Mentre l’imp conficcato sulla spada si agitava ancora spargendo le sue interiora sul terreno, Glaazir scattò in avanti colpendo con un micidiale colpo di scudo l’imp alla sua sinistra, quello che gli aveva tirato la pietra, e mandandolo a fracassarsi il cranio contro la parete di roccia. La mezzorchessa si voltò di colpo: altri quattro imp, di cui due armati di bastoni, la circondavano. Dietro di sé aveva una semplice parete di roccia. Alzò lo sguardo e vide Dolkas, anche lui chiuso in un angolo, circondato da altri tre imp. Pensò che forse avrebbero tardato parecchio all’appuntamento con Krissenap.
Quando Dolkas aveva cominciato a sentire i guaiti, aveva estratto il tridente e si era chiuso in un angolo. Non riuscendo a vedere niente, doveva affidarsi solamente sul proprio udito. Era sicuro che era circondato da alcune creature, almeno tre o quattro. Dietro di sé si trovava solamente una parete di roccia. Si mise sulla difensiva, chiudendosi nell’angolo e rivolgendo il pesante scudo agli imp, o almeno dove pensava che essi si trovassero. Il tridente era ben stretto nell’altra mano, pronto a scattare. Sentì uno stridio e riuscì a percepire un movimento davanti a sé: qualcosa aveva spiccato un salto e si era lanciato contro di lui: il tridente sembrò per un attimo sferzare il vuoto, ma poi colpì qualcosa di solido, che andò a spaccarsi la testa su una roccia, facendo colare pezzi di cervello tutt’attorno. Sembrava troppo presto per esultare per la vittoria, perché qualcosa gli graffio la gamba nell’incavo del ginocchio. Dolkas evitò di urlare e con un rapido gioco di mano girò il tridente nella direzione opposta, cercando di dirigerlo verso l’imp. Non si sa di preciso cosa successe, ma Dolkas mancò il bersaglio: affidarsi solo al proprio udito non era di certo facile.
Glaazir era riuscita nel frattempo a saltare via dall’angolo dove si era infilata, riuscendo a cogliere gli imp di sorpresa per qualche secondo. Con un rapido fendente riuscì a colpirne uno alla base del collo tagliandogli di netto la testa, che rotolò a qualche metro di distanza. il corpo dell’imp rimase ancora in piedi per qualche secondo, emettendo schizzi di sangue dal collo, per poi cadere a terra con un tonfo sordo. Qualcosa la colpì all’altezza dello stomaco, togliendole il respiro per qualche istante. Abbassò lo sguardo e riuscì a vedere la disgustosa creatura che l’aveva appena colpita con una bastonata. Un veloce affondo diretto al suo cranio bastò a farla calmare, facendole emettere schizzi di sangue ovunque. Nello stesso momento colpì con un calcio allo stomaco un altro imp che le stava venendo addosso. Il calcio venne accompagnato da un rumore sordo, probabilmente della spina dorsale della creatura che si spezzava. Glaazir alzò lo sguardo giusto in tempo per vedere il proprio compagno, reso cieco dall’oscurità, venire assalito da un imp.
Dolkas si era appena messo nuovamente sulla difensiva quando un altro imp gli fu in faccia, artigliandogliela con forza. Una zampa ossuta si attaccò all’orecchio dell’umano, strappandoglielo con vigore. Dolkas emise un urlo, di dolore più che di rabbia, che rimbombò per tutte le caverne circostanti. Con tutta la forza di cui disponeva, afferrò la creatura che gli era arrivata in faccia e, dopo aver lasciato cadere il tridente, le strinse il collo in maniera brutale. Questa tentò di graffiarlo e di morderlo, invano. Il collo dell’imp si ruppe con un rumore sordo, mentre gli ultimi guaiti della creatura si spegnevano lentamente. Glaazir, che aveva appena assistito a questa scena, si lanciò contro all’ultimo imp rimasto vivo e, con uno sgambetto, lo fece cadere a terra infilzandolo subito dopo con la sua spada.
«Quello stronzo… mi ha strappato l’orecchio quello stronzo!» urlò Dolkas, mettendo mano al buco sanguinante dove fino a pochi istanti prima si trovava l’orecchio sinistro.
«Zitto Dolkas! – sussurrò la mezzorchessa – ce n’è ancora uno qui in giro…» Glaazir non fece in tempo a finire la frase che vide una bassa figura correre via attraverso un passaggio scavato nella roccia. «Dolkas! Dammi la tua balestra!» urlò lei, ma l’umano sembrava troppo impegnato a tamponarsi la ferita. Senza che potesse reagire, Glaazir strappò la balestra dalla cintura dell’umano e la caricò con un quadrello. Prese attentamente la mira e sparo attraverso il condotto. L’imp era ormai quasi arrivato ad una svolta, ma il dardo fu più veloce: gli si conficcò esattamente in mezzo alla schiena, mandandolo a schiantarsi contro la parete davanti a lui con un sonoro tonfo. L’imp cadde a terra pochi secondi dopo, lasciando una scia di sangue sul muro.
«Il mio orecchio…» sussurrò Dolkas, con rabbia. La mezzorchessa si strappò un lembo del mantello e prese a fasciare la testa di Dolkas, come se stesse curando un bambino piccolo. «Per ora è il meglio che possiamo fare. Ora è il caso di muoverci, Krissenap potrebbe essere nei guai.»

Krissenap era effettivamente nei guai. Appena entrato nella caverna, un grosso numero di pantere purpuree l’aveva assalito. Si trattava di creature magre, quasi scheletriche e simili a grosse pantere. Non avevano peli e la loro carnagione era di un colore viola scuro, quasi simile al nero. Avevano delle orecchie e una lingua sproporzionate rispetto al resto del corpo e, a differenza delle normali pantere, gli arti superiore erano dotati di pollice opponibile, nonostante preferissero camminare a quattro zampe. Erano saltate fuori dal nulla, quasi ammantate da un velo di oscurità che sembrava ricoprirle. Il goblin ne aveva contate dieci.
«Diavolo… se quei due non arrivano subito sono morto… Goz, difendimi!» urlò il goblin, terrorizzato. «Difendere» l’enorme golem di pietra puntellò le proprie zampe sul solido terreno di roccia e mise le proprie poderose braccia davanti a se. Le pantere stavano ringhiando verso i due compagni, con rabbiosi occhi gialli. Alcune di loro sbavavano, pregustandosi un lauto pasto. La tensione stava aumentando sempre di più, visto che nessuno dei due gruppi sembrava aver intenzione di fare la prima mossa. Come ci si poteva aspettare, furono i demoni ad agire per primi. Due di essi scattarono in avanti ringhiando, lanciandosi addosso al possente Goz. Il golem non si mosse, attese semplicemente che le due bestie fossero alla sua portata. Krissenap, che si era alzato in piedi sulle spalle del golem e si teneva saldamente alle redini, afferrò un coltello dalla sua cintura e lo scagliò verso una delle due bestie. Il coltello si conficcò con precisione in uno degli occhi gialli del demone, che emise un forte guaito accasciandosi a terra subito dopo. La seconda pantera che era scattata in avanti arrivò alla portata di Goz e gli si scagliò contro, mordendolo. Certo il demone rimase sorpreso quando si rese conto che aveva appena conficcato i denti in una creatura di solida pietra, spaccandosene la maggior parte. Il golem approfittò dell’attimo di disorientamento della creatura per colpirla con uno dei suoi pugni esattamente a metà della schiena. La forza di Goz, unita al materiale con cui era costruito, non lasciarono scampo alla creatura: finì divisa in due parti, con lo scheletrico torso spiaccicato sul terreno e con una grossa quantità di liquidi che già cominciava a riversare. Emise ancora qualche lamento prima di spegnersi definitivamente. Krissenap non fece neanche in tempo a riprendere fiato che altre tre pantere si scagliarono contro i due. L’enorme golem si mosse in avanti con passo lento e Krissenap dovette tenersi saldo alle redini per non cadere. Goz prese a questo punto a correre in maniera goffa, dirigendosi verso una delle tre pantere che stavano correndogli incontro, letteralmente travolgendola. Il demone probabilmente non fece neanche in tempo ad accorgersi cosa gli era successo: venne schiacciato sul terreno come un gatto investito da un carro. Le altre cinque pantere purpuree, che fin’ora erano state ferme, cominciarono a muoversi circondando il golem. Krissenap si teneva saldo alla sua schiena, urlando come un pazzo per la paura e l’eccitazione. «Forza Goz! Dagli addosso!» urlò il goblin, mentre si teneva alle redini con un solo braccio e con l’altro cercava di afferrare un coltello da lancio alla cintura. La creatura di pietra non se lo fece ripetere due volte e si voltò rapidamente, dirigendosi verso un’altra pantera lì vicino e spiaccicandola con un colpo delle poderose gambe. Krissenap nel frattempo era riuscito a trovare una posizione stabile sulle spalle del golem e stava lanciando i suoi coltelli verso qualsiasi cosa si muovesse. Una pantera purpurea fu colpita alla spalla e del sangue color rubino cominciò a riversarsi a terra. L’attacco di Krissenap continuava, ma la pantera si fece pericolosamente più vicina, cercando di lanciarsi sopra il golem per mordere il goblin appostato. Quando il goblin ebbe appurato le intenzioni della creatura, estrasse velocemente una corta spada simile a una mannaia e la colpì quando ormai era a pochi centimetri di distanza. La spada le si conficcò in testa e il demone cadde dal golem emettendo un urlo quasi umano. Sfortunatamente, la pantera sembrava aver avuto lo slancio necessario da sbilanciare il poderoso golem. Quest’ultimo cadde a terra, facendo rotolare lo sfortunato goblin a pochi metri di distanza facendogli sbattere la testa. Quando Krissenap riuscì a rialzarsi e ad estrarre la spada, si rese conto di trovarsi in una situazione davvero brutta: Goz era sdraiato a terra e non dava segni di movimento e lui si trovava in un angolo, circondato da cinque pantere purpuree.
«Merda… merda… Dolkas, Glaazir, dove diavolo siete? Garradon, dio della battaglia, fammi sopravvivere anche questa volta» pregò lo sfortunato goblin.

Dolkas e Glaazir, nel frattempo, erano appena arrivati nella tana principale ed avevano assistito alla caduta di Goz. Ora vedevano chiaramente il goblin in un angolo, mentre agitava la spada nella speranza di tenere alla larga le cinque bestie che lo circondavano.
«Lo sapevo che non dovevo fidarmi di lui!» sbraitò Dolkas.
«Stai calmo, Dolkas – rispose cautamente la mezzorchessa – dobbiamo darci una mossa o Krissenap ci rimetterà la pelle.»
«Si… hai ragione» le rispose mestamente. Glaazir sapeva benissimo com’era il carattere di Dolkas. Sapeva che in realtà non era arrabbiato con il povero goblin, ma doveva prendersela con qualcuno per la perdita dell’orecchio e, ovviamente, il goblin era il bersaglio adatto.
«Senti… Io vado e le ammazzo. Tu resta qui e coprimi con la balestra, siamo d’accordo?» gli sussurrò Glaazir, fissandolo cautamente.
«Vai. Vedi di salvarlo, mi raccomando» rispose lui con un certo tono acido.
Glaazir non se lo fece ripetere due volte e cautamente si avvicinò alle pantere, cercando di prenderle alle spalle. Nel frattempo, il minuto Krissenap era terrorizzato e cercava invano di difendersi con la spada. I demoni stavano mostrando una certa dose di malvagità e sembrava quasi che stessero pregustando il momento in cui l’avrebbero ucciso osservando il suo terrore. Glaazir era quasi arrivata alle spalle delle creature e neanche il goblin sembrava averla notata. A pochi passi, il goblin si girò verso di lei e la notò, ma continuò ad agitare la spada e a sembrare terrorizzato: sapeva perfettamente che le pantere purpuree avevano una buona dose di intelligenza e mettersi ad esultare per l’arrivo dei compagni non avrebbe fatto che saltare i piani di Glaazir. Non appena la mezzorchessa fu a portata di spada dalle creature, mosse un affondo diretto alla schiena di una di esse. La spada penetrò nella schiena del magro essere, spaccandogli la spina dorsale, ed esso cadde con un lamento a terra. Le quattro bestie rimanenti si voltarono verso Glaazir e sia Krissenap che Dolkas approfittarono dell’evento. Il goblin saltò sulla schiena di una delle creature brandendo la spada. La creatura, nonostante scalciasse con tutte le sue forze, non riuscì a far cadere dalla schiena l’agile goblin, abituato com’era a viaggiare sulla schiena del golem che ora giaceva disteso a pochi metri da lui. Raggiunse la gola della creatura e gliela tagliò con un rapido colpo di spada. La bestia gorgogliò per un attimo vomitando sangue, prima di crollare al suolo priva di vita. Dolkas aveva approfittato della situazione per tirare un colpo di balestra diretto una delle tre bestie rimanenti: il dardo non era riuscito a colpire alla perfezione, colpendo la creatura al fianco. Infastidito, il demone prese a emettere potenti ruggiti che non avevano nulla di naturale.
Dolkas sorrise, sentendo i lamenti della creatura, ma un basso ringhio alle sue spalle lo costrinse a voltarsi: un demone della criniera si trovava a pochi metri da lui.

Glaazir e il piccolo Krissenap si trovavano contro altre tre creature. Una di esse saltò addosso a Glaazir, che non riuscì a parare l’artigliata delle lunghe dita flessibili del mostro e finì per stracciare ancora di più la sua ormai malridotta corazza. Un fiotto di sangue le fuoriuscì dallo stomaco, facendola quasi piegare in due dal dolore. Vedendo la situazione, il goblin si lanciò contro la creatura tirandole la viscida coda. Subito la creatura si voltò con l’intenzione di morderlo, ma Glaazir riuscì a riprendersi in tempo per eseguire un fendente sul suo collo, staccandogli la testa di netto. Una delle due bestie rimanenti, quella col dardo di balestra conficcato nel fianco, si lanciò addosso al goblin affondando i denti nel braccio sinistro della sventurata creatura. Krissenap emise un urlo stridulo, ma la creatura venne fermata in tempo da un altro colpo di Glaazir, che stava agitando la spada come se fosse posseduta dal demonio. Krissenap riuscì a togliere il braccio dalla morsa letale della creatura e si voltò verso l’entrata della caverna, vedendo l’ultima delle pantere purpuree che correva via come se avesse avuto la coda in fiamme.
«Che facciamo Glaazir, la inseguiamo?» stridette il goblin.
«No, lasciamo stare. Qui abbiamo già un bel bottino – grugnì la mezzorchessa mentre un ghigno le si formava sulle labbra – Dolkas, puoi uscire ora» ma l’umano era sparito.
«Dolkas! – urlò la donna – Dove sei finito?»
«Anche Goz è scomparso!» gridò Krissenap.

Quando Dolkas aveva visto il demone della criniera, era scappato via con tutte le forze di cui disponeva. I demoni della criniera erano delle creature molto simili ai leoni, con l’unica differenza che la loro criniera era di un nero fuligginoso e il loro muso non era leonino: sembrava più quello di un grosso uccello rapace, con tanto di un robusto becco in grado di spaccare anche le armature più resistenti. A differenza delle pantere purpuree, i demoni della criniera erano creature solitarie, che si univano principalmente a branchi formati da altri tipi di creatura, comandandoli: avevano una forte volontà dominatrice.
Dolkas era corso verso le profondità della caverna e aveva lasciato cadere la balestra per strada, mente si riallacciava lo scudo e prendeva il tridente con tutta la rapidità di cui disponeva. Come tutti i grandi felini, i demoni della criniera sono notevolmente più veloci di un essere umano, quindi, nel giro di pochi secondi la bestia ringhiante gli fu addosso. Dolkas riuscì a saltare via giusto in tempo per evitare di essere sbattuto a terra e si voltò verso la creatura puntandole contro il tridente. La creatura si preparò a balzare, studiando l’avversario. Aveva capito benissimo che non era saggio saltargli addosso, avrebbe potuto finire infilzata. La bestia continuò a camminare attorno all’umano, per studiarlo e metterlo sotto pressione. Con una enorme velocità si lanciò infine verso le gambe dell’umano, al fine di spezzargli le ossa con il suo robusto becco. Dolkas non si aspettava un colpo diretto così in basso e la creatura colpì, riuscendo ad accartocciargli i gambali d’acciaio. Non fu così abile da mantenere l’equilibrio e cadde a terra, supino. La creatura subito balzò sopra di lui, ma fortunatamente Dolkas fu abbastanza veloce da piazzare lo scudo in mezzo. La creatura ringhiava e sbavava sopra di lui, mentre cercava di penetrare le sue difese. A una distanza così ravvicinata, il tridente era inutilizzabile. Qualcosa graffiò Dolkas alla spalla sinistra: la creatura era riuscita a tirargli una zampata nonostante lo scudo che li separava. Se i suoi compagni non fossero giunti subito, per l’umano sarebbe stata la fine. Il demone riuscì a penetrare le sue difese col becco e a Dolkas sembrò che la scena andasse al rallentatore quando il volto della creatura si diresse verso il suo con tutta l’intenzione di spaccargli il cranio col poderoso becco.
La salvezza arrivò dall’alto: Dolkas vide la creatura sollevata da qualcosa di grosso, come se non pesasse quasi nulla. Goz era sopra di lui e stava tenendo la creatura per la coda con una delle sue possenti mani di pietra, tenendola sollevata da terra. Gli bastò un solo, potente pugno diretto al volto del demone della criniera per porre fine allo scontro: frammenti di becco e di cervella si sparsero fino a due metri di distanza.
Dolkas rimase a fissare per qualche istante il golem che nel frattempo si era fatto immobile. Due figure emersero dal tunnel, gridando il suo nome: erano i suoi compagni.
Dolkas si rialzò in piedi e afferrò il tridente che era caduto a pochi metri di distanza.
«Eccoti finalmente! Ti ho cercato dappertutto, dappertutto!» urlò di gioia Krissenap, ma ovviamente non si stava riferendo a lui, ma al suo grosso compagno roccioso.
Glaazir corse da Dolkas e lo fissò per qualche istante, con sguardo severo. «Stai bene?» chiese la mezzorchessa con voce tenue.
«Si, non devi preoccuparti – rispose lui – bendiamoci le ferite e riposiamoci un paio d’ore. Poi raccogliamo i teschi e torniamo a Velbrun.»
«Ehi capo! – urlò il goblin – ma cosa hai fatto all’orecchio?»
Dolkas fissò Krissenap in cagnesco.

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