mercoledì 22 settembre 2010

Intervista col Sabbatico


“Il registratore è acceso. Possiamo procedere. Direi di cominciare con le presentazioni, signore.”
“Piantala con il signore. Io mi chiamo Damian. Damian Velvet.”
“Posso darle del tu, Damian?”
“Sì.”
“Bene, Damian. Allora che ne dici, parliamo un po’ di te. Descriviti.”
“Sono alto un metro e ottanta, ben proporzionato, bel fisico. Un bel volto amabile. Capelli neri, portati lunghi. E sono un vampiro.”
“Un vampiro? Stai forse usando una qualche metafora?”
“Nessuna metafora. Niente del genere. Sono un vampiro. Hai presente quelli coi denti aguzzi, che bevono sangue, pallidi, e che secondo i film dormono in bare foderate di velluto rosso e vengono bruciati dalle croci? Uno di quelli.”
“Quindi mi stai dicendo che tu ti nutri di sangue?”
“Sì.”
“Che bruci se vedi la luce del sole?”
“Sì.”
“Che sei morto?”
“Sì, anche se da non molto. È successo circa due anni fa. Vuoi che te lo racconti?”
“Certo.”
“Mi trovavo all’Ascension, un locale molto in giù in centro. Ora è chiuso da qualche tempo. Te lo ricordi?”
“Sì, me lo ricordo. Brutto posto. Girava un sacco di droga da quelle parti. Ora è bruciato. Quanto tempo fa?”
“Due anni.”
“Due anni fa quindi… oh, capisco. C’entri qualcosa, non è vero?”
“Era una serata come tante altre. Ero circondato da un paio di battone vestite da contesse settecentesche e mi stavo sparando una pista di coca. Una terza mi stava facendo un pompino. Una serata come tante altre. La musica, mischiata con la droga, mi stava sballando. Volevo divertirmi. Quando sono entrati questi tizi.”
“Tizi?”
“Sì, una sorta di primitivo moderno quasi nudo, interamente coperto di tatuaggi neri, accompagnato da due troie vestite da pornosuore. Ero sballato e i suoi tatuaggi mi sembravano quasi muoversi. Come ombre che si muovevano sotto la sua pelle.”
“Che è successo poi?”
“Il tizio si è seduto ad un tavolo e ha ordinato un drink. Le due troie hanno iniziato a strusciarglisi contro. Tutto regolare. Sembravano tutti e tre strafatti. La serata è andata avanti per qualche ora. Ho ballato, mi sono drogato ancora, mi sono strafatto. Poi è arrivata altra gente.”
“Altra gente?”
“Sembravano degli invasati della SWAT. Giubbotti antiproiettile, pistole, solo che questi avevano anche paletti di legno e taniche piene di benzina. Roba dell’altro mondo.”
“E poi che è successo?”
“Un casino. Tutti hanno iniziato ad urlare. Le due troie vestite da suore si sono lanciate come delle furie sugli uomini della SWAT, ma questi hanno sparato ad entrambe. Sono cadute per terra agonizzanti. Il primitivo moderno si è alzato e dopo aver rifilato un paio di spintoni alla gente che gli ostruiva il passaggio si è diretto verso l’uscita d’emergenza che guarda caso era proprio vicino a dove mi trovavo io. Le puttane che mi stavo portando dietro io si sono dileguate ed ero troppo fatto per riuscire a muovere il culo dalla poltrona. I tizi armati hanno iniziato ad inseguirlo e a sparargli contro. Un po’ di gente è caduta per terra ferita. Questo è stato ferito alla spalla, ma senza battere ciglio mi ha afferrato e mi ha piantato le zanne nel collo.”
“Zanne?”
“Non ci sei ancora arrivato? Quello stronzo era un vampiro, le due troie che si portava dietro le sue servitrici ghoul e i tizi che gli stavano sparando contro erano cacciatori di vampiri.”
“Cos’è un ghoul?”
“Uno schiavo. Se tu dai da bere ad un umano del sangue di vampiro senza ucciderlo questo si irrobustisce, diventa più forte, e diventa un tuo schiavo fedele. Il sangue è una droga, amico. Quei poveri bastardi dei ghoul non possono resistere per più di qualche giorno senza.”
“Cosa è successo poi?”
“Mi sono sentito prosciugare. Sono caduto per terra. Ho sentito qualcosa di caldo colarmi in bocca, poi sono morto. Ho smesso di respirare, di pensare, di fare qualsiasi cosa. L’unica sensazione ancora palpabile era il calore in bocca, il calore del sangue del mio sire. Mi sono rialzato pochi istanti dopo con una sete irrefrenabile. Lui era sparito, il locale aveva preso fuoco. I cacciatori erano ancora lì vicino. Non ci ho più visto. Gli sono saltato addosso. Mi hanno sparato contro, ho sentito le pallottole passarmi attraverso, ma li ho presi entrambi e dissanguati. Poi, preso dal panico per il fuoco, sono scappato. Noi vampiri non amiamo troppo il fuoco. È una delle poche cose che può distruggerci definitivamente. Sono fuggito per la strada, urlante, fino a che non l’ho ritrovato. Aveva i vestiti strappati, ma non aveva un graffio addosso. Mi ha ordinato di seguirlo, e l’ho fatto. Mi ha portato a casa sua dove mi ha spiegato tutto. Che ero diventato un vampiro, e che se ero sopravvissuto ero degno di essere il suo figlioletto. Mi disse che ero un membro del suo clan.”
“Un clan? Una sorta di famiglia intendi?”
“Qualcosa del genere. È più un retaggio del sangue. Ci sono tredici clan di vampiri al mondo, ognuno dotato di poteri singolari e una maledizione millenaria. Divertente vero? Io sono un membro del clan Lasombra. Siamo i maestri delle ombre, abili manipolatori dell’oscurità. Ed in effetti mi dimostrò subito che era vero: i tatuaggi che aveva erano solo ombre abilmente addossate attorno al suo corpo.”
“E la vostra maledizione?”
“Non ci possiamo riflettere negli specchi, proprio come Dracula, e la luce del sole ci brucia più che agli altri vampiri. Aspetta, non farmi quella faccia dubbiosa, te lo dimostro. Andiamo in bagno.”
-Rumore di passi. Un sussulto-
“Oh cristo.”
“Strano vero? Non appaio neanche in fotografia. Va solo bene che da quando sono morto non devo più farmi la barba. Truccarsi però è piuttosto difficile.”
“Poi cos’è successo?”
“Mi ha fatto conoscere i suoi compari. Non te li descriverò, non penso che vogliano rendersi famosi. Ti basti pensare che eravamo cinque vampiri. Un cosiddetto branco. Una sorta di famiglia: mangiare, cacciare e dormire insieme. Darsi assistenza reciproca. Cose di questo tipo.”
“Che mi dici della caccia?”
“La caccia… è qualcosa che un mortale può solamente sognarsi. Sembra di entrare in sintonia con un animale predatore… annusare la preda, sentire la sua paura, inseguirla, tenderle tranelli… fino a farla entrare in una dolce agonia estatica tramite il tuo morso. Hai il potere in mano, tutto il potere del mondo. Una cosa divina.”
“Quindi a te piace essere un vampiro?”
“Cazzo, è la cosa migliore che mi sia mai capitata! Non ero un grande fan del giorno già quando ero vivo, quindi la cosa non mi pesa più di tanto. L’unico problema è la Jyhad.”
“Jyhad? Vuoi dire una guerra?”
“Sì, qualcosa del genere. Vedi, noi vampiri siamo un popolo diviso. Siamo dei cazzo di traditori. Ci sono due grandi sette nel mondo, la Camarilla e il Sabbat. I primi pensano che per evitare un’altra inquisizione debbano nascondersi alla vista dei mortali, mischiandosi tra di loro e facendo finta di non esistere. Chiamano tutto questo Masquerade. I secondi invece pensano che i vampiri siano degli dei e debbano dominare incontrastati sui mortali. Senza stronzate come la Masquerade e senza nessuno a dettare delle regole. I mortali sono mortali e ucciderne uno è qualcosa di più che lecito se si ha voglia di farlo.
“E tu a quale setta appartieni?”
“Al Sabbat ovviamente.”
-Cinque secondi di silenzio-
“Cosa c’è, ti ho spaventato? Beh, dovresti esserlo in effetti. Vedi, noi Sabbatici facciamo di tutto per rompere le uova nel paniere a quei fottuti Cammy. E una delle prime cose che facciamo è andare a rovinare la Masquerade. C’è un motivo per cui ti ho attirato fin qui e ti ho concesso quest’intervista. Quando domattina la polizia ritroverà il tuo cadavere dissanguato e questa registrazione, inizierà a farsi delle domande. Questa registrazione presto sarà diffusa e alimenterà la convinzione che noi esistiamo. Meno Masquerade, più punti per noi. E vaffanculo pure ai Cammy. Non sei d’accordo, amico? Penso che sia arrivata l’ora, ti devo proprio uccidere. Non preoccuparti, non ti farà male. Sarà la cosa più bella che hai mai provato in tutta la tua vita.”
-Un urlo, poi un mugolato di piacere. La registrazione si conclude qui.-

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